Mese: Febbraio 2010

Movimento 5 Stelle

«Abbiamo diritto di riappropriarci della politica».  Beppe Grillo in città per presentare la lista 5 Stelle Lombardia. Per partecipare alle elezioni regionali del 28-29 marzo i partiti ed i movimenti non presenti in parlamento devono raccogliere 20.000 firme.

Beppe Grillo arriva a Como, in piazza Vittoria, davanti a più di duecentocinquanta persone, dopo essere stato a vedere «quel cazzo di coso sul lago, perché non si sa cosa sia» grazie al quale «voi comaschi avete contribuito a far crescere il Pil del nostro paese».
Il comico genovese sta lanciando la raccolta firme per la candidatura in Lombardia del Movimento 5 Stelle alle elezioni regionali del 28-29 marzo.
Il Movimento (www.lombardia5stelle.org) non è un partito, ma un insieme di cittadini che, stanchi di una classe politica autoreferenziale e distante dai reali problemi delle persone comuni, hanno deciso di muoversi per portare la loro voce e i loro occhi dentro le amministrazioni pubbliche.
«Tutto parte dall’interesse per la propria città – ha spiegato Grillo – e poi dalla necessità di proporre idee che vengano dal basso», non attraverso ideologie legate ai partiti, ma con proposte messe in rete e discusse da esperti dei vari settori.
I  punti di forza del programma elettorale del  Movimento 5 Stelle Lombardia comprendono la difesa dell’acqua pubblica, la connessione internet wi-fi gratuita, l’espansione del verde e il no agli inceneritori.
«Non vogliamo l’inceneritore a Paderno Dugnano – ha chiarito il rappresentante del Movimento 5 Stelle –: in Lombardia la speranza di vita è di tre anni di meno rispetto al resto d’Italia per colpa degli inceneritori».
Altri punti del programma sono la riqualificazione degli edifici contrapposta alla cementificazione, la mobilità pubblica e l’efficienza energetica attraverso fonti rinnovabili. Con l’obiettivo di riproporre l’esperienza delle elezioni amministrative 2009, quando in 30 comuni italiani sono stati eletti cittadini delle liste comunali 5 stelle. Perché se uno entra e mette tutto in rete, entrano tutti e possiamo controllare. C’è un rovesciamento della politica, la trasparenza diventa obbligatoria» ha concluso Grillo.
Sul piccolo palco allestito per l’occasione si sono presentati i tre candidati provinciali Enrico Franzoso, Matteo Branca e Sabrina Sormani ed il candidato presidente Vito Crimi, «giovani, incensurati e non iscritti ad un partito». [Tommaso Marelli, ecoinformazioni]

La legge è uguale per tutti

Il Comitato provinciale di Como Difendiamo la Costituzione  ha sottoscritto l’appello lanciato da Andrea Camilleri e Paolo Flores d’Arcais a 120 personalità del mondo della scienza, della cultura e dello spettacolo perché aderiscano alla manifestazione La legge è uguale per tutti promossa dal popolo viola per sabato 27 febbraio.

Il testo dell’appello, già sottoscritto tra gli altri da Margherita Hack, Antonio Tabucchi e associazione Articolo 21:
«Siamo persone libere, autonome dai partiti, decise a rilanciare il rinnovamento culturale e politico in questo Paese. Rinnovamento gioioso, pacifico e determinato che nasce con il No B Day: l’imponente manifestazione che ha riempito Piazza san Giovanni a Roma il 5 dicembre 2009. La grande festa di democrazia che ha colorato di viola strade e piazze in Italia e nel mondo.
Noi crediamo che l’approvazione della norma sul legittimo impedimento eleverebbe di fatto un cittadino italiano al di sopra degli altri, e dei principi di legalità: violazione palese della nostra Carta Costituzionale.
Non è più tempo di indugiare: è ora che tutti ci mettano la faccia.
Per questo invitiamo tutti gli esponenti della cultura e dell’informazione, della scienza e dello spettacolo, delle forze democratiche e del lavoro, ad aderire e partecipare alla nostra nuova iniziativa.
Per questo invitiamo tutti i cittadini alla grande manifestazione di Roma, in Piazza del Popolo, sabato 27 febbraio 2010 dalle ore 14.30.
A due mesi dal No B Day il rischio per la democrazia è ancora più grande.
Perciò torniamo nella piazza, affianco alla Costituzione e a sostegno degli organi di garanzia che essa prevede: Nessuna legittimazione per chi attacca i principi della civile convivenza!».

Il Consiglio comunale di Como di lunedì 15 febbraio 2010

Schermaglie sul muro fra sindaco e opposizione nella seduta di lunedì 15 febbraio. Verrà abbattuta la torre scenica de Teatro sociale.

«Vi annuncio un’interpellanza per chiarire la questione dell’Iva al 10 o al 20 per cento per il cantiere delle paratie», così Roberta Marzorati, Per Como, che ha chiesto chiarimenti sulle spese per il muro del lungolago nelle preliminari del Consiglio comunale di lunedì 15 gennaio. Sulla stessa opera è intervenuto Marcello Iantorno, Pd, «chiediamo un Consiglio straordinario per capire se il danno è stato già prodotto in fase progettuale ed è vero che sia possibile quantificarlo a 1,7 milioni di euro». Il consigliere democratico ha poi attaccato i responsabili del cantiere «l’ingegner Ferro e Viola sono stai sfiduciati da questo Consiglio, avrebbero dovuto avere la sensibilità di dimettersi».
«In questa assemblea non c’è più neanche la buona educazione. Io né minaccio, né prendo in giro – è intervenuto il sindaco Bruni – per quanto riguarda la questione suddetta ho comunicato quanto detto dalla Conferenza di servizi». «Un organismo obiettivo e fuori dalla mischia – ha precisato il primo cittadino – che ha affermato che si tratta di errori progettuali non di un’attuazione sbagliata».
All’attacco si è lanciato poi anche Luca Gaffuri, Pd, «un tempo si diceva promuovere per rimuovere, ora assistiamo all’esatto contrario – ha detto riferendosi all’ex Assessore Caradonna dimesso e mandato a Infrastrutture lombarde – dovremmo istituire una cassa integrazione per ex assessori ci permetterebbe di evitare cose mai aspettate…».
Silvia Magni, Pd, ha chiesto di trovare una soluzione all’uscita delle scuole in via Madruzza, con macchine posteggiate che intralciano il traffico e ragazzi costretti a camminare in mezzo alla strada, Vittorio Mottola, Pd, ha chiesto la sistemazione dell’illuminazione nel centro di Sagnino, «città di Volta? Ma dove?», dove il buio ha permesso un furto in un bar. Giampiero Ajani, Lega, ha chiesto delucidazioni sulla chiusura anticipata di una mostra in Biblioteca comunale, mentre Marco Butti, Pdl, è tornato «sulla sicurezza in città nello specifico in piazza Roma», dove finti posteggiatori molestano chi lascia la macchina.
Appena insediato il Consiglio il presidente Pastore ha chiesto l’inversione dei lavori e la posticipazione della discussione sull’Autunno musicale per parlare invece della sistemazione del retro del Teatro Sociale. Dato il disaccordo delle minoranze si è andati ai voti dove la maggioranza ha deciso di attuare lo scambio di argomenti.
«Siamo stati costretti ad usare una procedura d’urgenza – si è giustificato l’assessore Faverio durante la spiegazione della delibera – dato che i tempi erano estremamente stretti e abbiamo avuto un parere favorevole dalla Sovrintendenza solo il 25 gennaio».
Il progetto, così come già approvato dalla Giunta, prevede l’abbattimento della torre scenica dell’Arena del Teatro Sociale, edificata negli anni ’30, per 10.351 metri cubi, mentre ne verranno riedificati altri 1.480, di cui 344 fuori terra.
«C’è una convenzione con i Palchettisti per un utilizzo da parte del Comune dell’area?» ha chiesto Gaffuri, «ci sarà un impegno di spesa anche per il Comune dato che è comproprietario del Teatro?» ha aggiunto Bruno Magatti, Paco. Più voci hanno chiesto tempo per vedere le carte e la possibilità di aggiornare la seduta ma tutto l’incartamento deve essere prodotto entro venerdì 19 febbraio e Faverio ha ribadito la mancanza di tempo.
L’assessore assieme all’ingegner Laria ha precisato che i Palchettisti hanno preso l’impegno a concedere lo spazio per lo sviluppo culturale e turistico. I soldi per l’intervento, oltre che da un contributo regionale verranno raccolti lasciando l’area a parcheggio a pagamento durante il periodo invernale e con l’accensione di un mutuo le cui rate verranno coperte con l’affitto del ristorante (ora in ristrutturazione) sul fronte del Teatro.
Dopo una consultazione le minoranze hanno chiesto per bocca di Gaffuri di posporre la discussione della delibera per aver più tempo per riflettere, ma la maggioranza ha votato contro la proposta.
La minoranza ha quindi chiesto di riqualificare l’area ma di non lasciarla a posteggio nell’ottica dell’apertura dell’autosilo del Valduce che andrà a coprire i bisogni della zona.
Per questo hanno proposto un emendamento alla deliberazione bocciato dalla maggioranza con Area 2010.
Durante il dibattito finale anche le opposizioni hanno votato a favore, «per il bene della città» come ha precisato Mottola, tranne il solo Alessandro Rapinese, Area 2010, che ha votato contro e le astensioni di Donato Supino, Prc, e Gianni Imperiali, Pd. [Michele Donegana, ecoinformazioni]

14 Febbraio 2010 San Valentino rosso sangue. Un omicidio a Moltrasio nel 1910

Domenica 14 febbraio 2010 alle 17 all’Archivio di Stato di Como in via Briantea 8. Intervengono: Giuseppe Battarino (magistrato), Alessandra Fusco (studiosa di diritto); Fabio Cani e Gerardo Monizza (storici).

Il 9 giugno 1910 la rete trascinata da una barca con a bordo un gruppo di pescatori e di villeggianti si impigliò a pochi metri dal vecchio molo di Moltrasio. Venne trascinato a riva un baule che – aperto – rivelò di contenere il cadavere di una donna.
Da questo ritrovamento casuale si ricostruì un delitto: Mary Scott, una turista americana, era stata uccisa nella notte tra il 5 e il 6 giugno dal suo giovane marito, Porter Charlton, il quale aveva cercato di occultare il cadavere gettandolo nel lago, fuggendo poi  e imbarcandosi a Genova su  un piroscafo diretto a New York. Immediatamente arrestato al suo arrivo negli Stati Uniti, confessò e si assunse tutta la responsabilità.
Nonostante questa mancanza quasi totale di suspense, il “delitto di Moltrasio” attirò nei giorni immediatamente seguenti al ritrovamento del corpo della vittima l’attenzione dei giornali locali, nazionali e internazionali, e intorno ad esso crebbe poi un mito che non scemò nemmeno dopo che l’omicida – a distanza di oltre cinque anni dai fatti – venne condannato a una pena piuttosto lieve.
La ricostruzione di quella vicenda – grazie al copioso fascicolo del processo di Corte d’Assise conservato all’Archivio di Stato di Como – permette oggi a cent’anni di distanza di gettare uno sguardo su un mondo che ci illudiamo di conoscere (il nascente turismo internazionale, la vita quotidiana della Belle Époque, le consuetudini investigative e giudiziarie, i meccanismi dell’informazione) e che riserva invece continue sorprese.

Lavavetri. Il prossimo sono io

Il problema del razzismo parte dal collaborazionismo dei media con le politiche governative e locali, ma solidarietà, riconoscimento dei diritti, conoscenza e uso di un linguaggio corretto possono sconfiggere le paure. Presentato giovedì 11 febbraio a Cantù il libro Lavavetri. Il prossimo sono io del giornalista Lorenzo Guadagnucci.

«Lorenzo Guadagnucci non è  un semplice giornalista perché da ogni suo articolo e libro si sente la passione che lo spinge ad agire». Ci tiene a presentarlo così Emilio Novati, presidente della cooperativa Altraeconomia, che ha introdotto la serata Lavavetri. Il prossimo sono io, presentazione del libro sull’immigrazione in Italia scritto dall’autore toscano nel 2009.
La serata, organizzata dal Centro di ascolto di Cantù, coordinata da ASPEm, dall’associazione Spazio Donne e dall’associazione Il ponte, rientra nel progetto Quale integrazione: una, nessuna, 100.000 ed ha visto la presenza di una cinquantina di persone nella sala Zampese del CRA a Cantù.
Il libro è nato dalla voglia di approfondire il tema dell’immigrazione e di come questa realtà viene affrontata dalla politica italiana.
«Alcune esperienze personali – ha raccontato Guadagnucci – mi hanno portato ad essere anche un attivista, non solamente un giornalista, fondando tra l’altro i comitati Verità e giustizia per Genova e Giornalisti contro il razzismo».
E proprio da un episodio che lo ha coinvolto in prima persona nasce la riflessione sull’emergenza immigrazione raccontata nel libro. L’ordinanza comunale contro i lavavetri del comune di Firenze nel 2007 ha segnato il punto di svolta nelle politiche del centro-sinistra, che progressivamente sono passate dal piano sociale a quello penale. A questo proposito è chiaro il commento del giornalista: «Non accetto il terreno strumentale della sicurezza legata all’immigrazione perché credo che non si debbano combattere i poveri, ma la povertà».
Nonostante sia stato dimostrato come il provvedimento avrebbe riguardato solo 35 rom rumeni, quella scelta ha avuto come conseguenza la percezione di una maggior tranquillità da parte dei cittadini fiorentini.
Da qualche anno si svolge  in Italia una campagna mediatica che collega l’aumento della criminalità alla presenza di immigrati, ma la realtà è ben diversa: il rapporto Caritas Migrantes 2009 dimostra che non c’è correlazione statistica probabile tra criminalità e immigrazione, ma il potere politico ha scelto di dare risposte securitarie a insicurezze di altro tipo come il futuro incerto e l’economia fragile, usando una scorciatoia di tipo populistico per creare il «governo della paura, in parte reale e in parte procurata».
La percezione dell’insicurezza è direttamente proporzionale all’enfasi data dai media alla cronaca nera, prendendo ultimamente come bersaglio esemplare la comunità dei rom rumeni, sopratutto in seguito all’omicidio di Giovanna Reggiani a Roma nel 2007.
Per capire sino a che punto siamo arrivati Lorenzo Guadagnucci propone di «sostituire la parola rom con la parola ebrei» scoprendo così che il governo attuale ha dichiarato “l’emergenza ebrei” a Milano, Roma e Napoli e ha scelto di censire e chiudere in ghetti controllati dalla polizia i rom residenti in queste città.
«La posta in gioco è molto alta – è la denuncia del giornalista -, è il senso stesso della nostra democrazia» perché sta saltando il principio di uguaglianza in Italia, dove gli immigrati sono ridotti a cittadini di serie b ai quali sono riservati percorsi differenziati per l’accesso ai diritti sociali fondamentali che vengono spesso negati.
Esiste però un altro modo di intervenire in materia di integrazione con i nuovi italiani con gli strumenti della solidarietà, dei diritti civili, sociali e di lavoro, agevolando i progetti di conoscenza e togliendo il velo di ipocrisia che troppo spesso ricopre questi rapporti.
Nella parte finale del libro sono raccolte le testimonianze di don Alessandro Santoro, prete che viveva nella Comunità delle Piaggie alla periferia di Firenze, e di Paola Reggiani, sorella di Giovanna, che aiutano a svelare le ipocrisie legate alla paura dell’immigrazione e mostrano delle possibili alternative.
Rispondendo alle numerose domande dei presenti, Lorenzo Guadagnucci ha poi spiegato come sia importante l’utilizzo esatto di termini il cui significato è cambiato come “sicurezza” e “decoro” perché il lessico è fondamentale per permettere al potere di creare consenso ed attuare politiche di divieto e repressione.
Nella stessa direzione l’appello di Giornalisti contro il razzismo per mettere al bando termini come nomade, negro, clandestino, extracomunitario poiché, secondo Guadagnucci, il problema del razzismo parte dal collaborazionismo dei media con le politiche governative e locali.
Nessuno di noi è esente dal fastidio nei confronti dei diversi, che può portare all’intolleranza ed alla xenofobia per questo occorre partire dall’attenzione alle relazioni personali e combattere il disinteresse e l’apatia che ci spingono a pensare solamente ai nostri problemi favorendo indirettamente il consenso per politiche intolleranti e repressive. Lorenzo Guadagnucci, Lavavetri. Il prossimo sono io, Terre di Mezzo, p. 180, 2009, 7 euro. [Tommaso Marelli, ecoinformazioni]

Trasferita a Modena nella notte Joy, immigrata nigeriana accusata della rivolta nel Cie di via Corelli

Una sessantina di persone hanno manifestato questa mattina solidarietà nei confronti di Joy, giovane immigrata nigeriana reclusa al carcere del Bassone perché condannata dopo la rivolta al Cie (Centro di identificazione ed espulsione) di Milano dell’estate scorsa.

Quattordici gli arrestati in via Corelli nell’agosto 2009 di cui tredici sono stati condannati ad alcuni mesi di reclusione e sparpagliati in diverse carceri del nord Italia. Tra questi Joy, che ha denunciato durante il processo di aver subito un tentativo di stupro, a cui è riuscita a sottrarsi grazie all’intervento di un’altra ragazza, da parte dell’ispettore capo del Cie, che ha subito sporto querela.
Joy doveva essere scarcerata il 12 febbraio col rischio di finire nuovamente in un Cie, per questo Donne contro i Cie ha organizzato una manifestazione di solidarietà davanti al carcere del Bassone contemporaneamente ad altre due iniziative per altre ragazze recluse al carcere di Verziano a Brescia e a quello di Mantova.
Alle 7 del mattino al Bassone si sono trovate varie organizzazioni: la comasca Dintorni reattivi oltre al Comitato antirazzista di Milano e le Donne contro i Cie; più della metà dei partecipanti provenivano da fuori provincia.
Subito sono stati però avvisati che nella notte Joy e le altre ragazze erano state trasferite in diversi Cie, per cui i presidi si sono spostati davanti ai Centri di Milano, Modena e Torino.

Assemblea mercoledì 10 febbraio per la difesa del territorio

È sempre più contestato il secondo lotto della tangenziale comasca che dovrà essere costruita all’interno del più vasto progetto della Pedemontana. Si profila per questa sera, mercoledì 10 febbraio, al Centro sociale di Senna comasco la nascita di un Comitato intercomunale di difesa del territorio.

Dopo la nascita del Gruppo Salvabrughiera (www.salvabrughiera.com) «un gruppo spontaneo nato per difendere la brughiera compresa tra i Comuni di Senna Comasco, Capiago Intimiano, Cantù e Orsenigo, che sarà completamente distrutta qualora venisse realizzata la variante fuori terra del secondo lotto della nuova tangenziale di Como (a sua volta inserita in un eventuale progetto di autostrada Varese-Como-Lecco, ma non a questo vincolata)», si profila per questa sera, mercoledì 10 febbraio, al Centro sociale di Senna comasco la nascita di un Comitato intercomunale di difesa del territorio. Un’organizzazione che si propone di raccogliere amministrazioni pubbliche e associazioni, oltre ai singoli cittadini.
La preoccupazione è sempre quella della salvaguardie degli ultimi scampoli di aree verdi presenti nel territorio minacciate dalla costruzione della tangenziale comasca.
«Il Comune di Senna sarà il più colpito – ha precisato Anna Maspero di Salvabrughiera – divideranno Senna da Navedano, la strada passerà poi sotto Capiago e ritornerà alla luce, in parte in trincea in parte su piloni, nella zona della cascine e fino ad Orsenigo».
«La bocciatura del progetto che prevedeva il passaggio sotto Montorfano da parte del Cipe – ha spiegato Maspero – non vuol dire il suo accantonamento, rimane la possibilità di un’opera più semplice e meno costosa fuori terra. Per cui nelle ultime zone verdi».
«Anche chi dice che tutto rimarrà fermo perché non ci sono fondi non tiene conto dell’inserimento dell’opera nel Progetto territoriale di lungo termine della Regione e che quindi rimane operativa».
Dopo la nascita del Comitato sono previste iniziative sul territorio di sensibilizzazione dei cittadini, tra cui continua la raccolta di firme contro l’opera sia negli incontri pubblici che sul sito del Gruppo Salvabrughiera.

Il Consiglio comunale di Como di lunedì 8 febbraio 2010

La maggioranza a Palazzo Cernezzi nella seduta del Consiglio di lunedì 8 febbraio ha bocciato tutte le proposte in favore del trasporto ferroviario.

Nelle preliminari al Consiglio comunale Pasquale Buono, Pdl, si è espresso contro i vandalismi che hanno colpito i servizi igienici dei giardinetti di via Italia Libera.
Mario Lucini, Pd, dopo l’inaugurazione del cantiere per la Pedemontana, si è scagliato contro la tangenziale di Como definendola ridicola: «avremo solo una mezza tangenziale di due chilometri e a pedaggio; chi mai la utilizzerà? È una situazione che supera la soglia del ridicolo».
Luigi Bottone, Liberi per Como, ha chiesto di intervenire con una deviazione alla foce della roggia Valeria, a Villa Olmo, da dove periodicamente si hanno versamenti di gasolio nel lago.
Il suo compagno di gruppo Emanuele Lionetti ha invece denunciato la situazione delle strutture utilizzate dalla polizia locale: la tettoia per i mezzi puntellata e lo spogliatoio femminile inagibile.
Sempre per Liberi per Como è intervenuto Carlo Ghirri «il nostro gruppo ritiene di dissociarsi da qualunque decisione presa sulla gara d’appalto per i rifiuti urbani», per la nuova formazione consiliare «non c’è stata una gara ma un rinnovo di contratto, con tra l’altro l’aumento dei costi».
Roberta Marzorati, Per Como, ha annunciato la consegna di una petizione con firme raccolte per denunciare la situazione ambientale in via Milano: «tutti i ragazzi che seguo residenti lì hanno problemi respiratori!».
«Domenica i vialetti del Cimitero maggiore erano impraticabili» ha dichiarato Vincenzo Sapere, Gruppo misto, che ha chiesto la pulizia dalla neve anche nei cimiteri cittadini una volta finita l’emergenza per strade e marciapiedi.
Il consiglio ha quindi ripreso la discussione sui trasporti pubblici, la “cura del ferro”, alla presenza di 20-30 pendolari comaschi.
«Non si respira più!» ha precisato Donato Supino, Prc, che si è detto d’accordo con la proposta esposta dal capogruppo del Pd Luca Gaffuri, e che ha chiesto risorse per attuarla e «cambiare la logica di questo modello di sviluppo». «Bisogna fare scelte chiare! Per questo ho votato contro la Pedemontana, non aprioristicamente ma argomentando a favore del sistema del ferro in città – ha proseguito – e per questo sono contrario alla terza corsia dell’autostrada».
«L’utilizzo del trasporto pubblico è un problema culturale – ha esordito Bruno Magatti, Paco – io li utilizzo frequentemente ed ho visto ben pochi amministratori pubblici utilizzarli». Il consigliere della rondine ha quindi ricordato la proposta, approvata, di una linea circolare che collegasse la stazione di S. Giovanni con zone poco servite, come via Crispi, che però non ha ancora avuto attuazione e il progetto di metrotramvia.
Marco Butti, Pdl, ha lodato gli interventi dell’ex assessore comunale Caradonna e di quello provinciale Tambini verso le Ferrovie Nord per un miglioramento del servizio e ha citato gli interventi di ristrutturazione e miglioramento delle stazioni di Grandate – Breccia e Como Nord Camerlata, prendendo posizione contro la proposta delle minoranze. «Non è che votare contro questa delibera voglia dire essere contro i pendolari» ha sottolineato il capogruppo del Pdl che si è detto fiducioso nella capacità d dialogo dell’Amministrazione provinciale.
Un discorso che ha irritato Vittorio Mottola, Pd, intervenuto di petto contro l’esponente del Pdl, chiedendogli di entrare nel merito della questione con un tono anche sopra le righe, raccogliendo gli applausi del pubblico.
Dopo la proposta di Bottone di votare per punti è nata una querelle sulle modalità di votazione su cui è intervenuto per chiarimento il vicesegretario Emoroso.
«A Brescia sono stati pagati 5 milioni di euro per nuovo materiale rotabile, a Biella è stata fatta una gara per avere un nuovo gestore del trasporto ferroviario» ha replicato Gaffuri rimarcando la possibilità di un intervento pubblico per un miglioramento del servizio ferroviario. «Como si deve pensare come città capoluogo – ha aggiunto il capogruppo del Pd – a Cantù il Consiglio comunale ha votato all’unanimità per il potenziamento della Como – Lecco».
Ai voti il primo punto della delibera, che chiedeva in maniera prioritaria all’assessore regionale ai trasporti e al presidente Formigoni il ripristino di un collegamento internazionale di almeno un treno all’ora sulla linea del S. Gottardo, è stato approvato con i voti favorevoli delle minoranze e di Liberi per Como e l’astensione della maggioranza. Approvata anche la «riqualificazione e ristrutturazione delle stazioni ferroviarie di S. Giovani e Albate Camerlata» e chiedere l’incremento dei collegamenti con le stazioni da parte di Asf.
Bocciati invece da tutta la maggioranza il potenziamento della Como – Lecco, lo stimolo alla nascita della metrotramvia, la sosta agevolata per i pendolari a S. Giovanni (che ha suscitato gli applausi ironici del pubblico al grido di «venite a Milano tutti i giorni con noi!» e «non avete rispetto!») e l’interscambio modale alla Stazione di Camerlata – Albate. Non sono passate poi il trovare soluzioni per la sosta dei veicoli a ridosso del confine per chi utilizza la stazione di Chiasso, riqualificare piazzale S. Gottardo e i vicini giardini, un info-point per i turisti a S. Giovanni e una campagna di informazione per incentivare l’utilizzo dei servizi ferroviari come i treni da Albate a Chiasso (attualmente due all’ora).
Al della delibera nel suo complesso, le sole parti approvate, la maggioranza ha bocciato tutto, mentre il pubblico, con anche il consigliere Sapere, è uscito urlando «vergogna!».
Dopo una sospensiva di dieci minuti chiesta e ottenuta da Iantorno per preparare l’argomento successivo, una proposta delle minoranze sull’Autunno musicale, i lavori non sono più ripresi. Parte della maggioranza ha abbandonato l’aula, nonostante il rientro in aula di Iantorno la seduta non è ripresa celermente e dopo quaranta minuti di stasi l’assemblea è stata aggiornata alla settimana prossima. [Michele Donegana, ecoinformazioni]

Ribellarci è Giusto. Campagna per Joy ed Hellen

Le Donne contro i Cie (i Centri di identificazione ed espulsione, gli ex Centri di permanenza temporanea) organizzano a Como una manifestazione in solidarietà a Joy, una ragazza immigrata detenuta al carcere del Bassone, venerdì 12 dalle 7 del mattino (appuntamento alle 6.30 davanti alla stazione di Albate – Camerlata per poi recarsi davanti alla casa circondariale).

In un comunicato viene ripercorsa la storia di Joy ed Hellen: «Una sera dei primi d’agosto 2009 Vittorio Addesso, ispettore-capo del Centro di identificazione per immigrati (Cie) di Milano, cerca di violentare Joy, una donna nigeriana, nella sua cella. Grazie all’aiuto di Hellen, sua compagna di reclusione, Joy riesce a difendersi. Qualche settimana dopo nel Cie scoppia una rivolta contro le condizioni disumane di reclusione. In quell’occasione Joy, Hellen e altre donne nigeriane vengono ammanettate, portate in una stanza senza telecamere, fatte inginocchiare e picchiate violentemente. In seguito alla rivolta, a Milano si è svolto un processo contro 14 donne e uomini migranti, tra cui Joy e le altre. Durante una delle prime udienze, quando in aula entra Addesso per testimoniare, le/ i migranti processati denunciano pubblicamente gli abusi quotidiani da parte di quell’ispettore-capo e Joy trova il coraggio di raccontare del tentato stupro».
Condannate a 6 mesi di carcere (altri a 9 mesi) le due ragazze vengono divise e detenute in carceri separate.
«La data della scarcerazione per Joy e le altre si avvicina, il 12 febbraio prossimo – prosegue il comunicato – ma nel frattempo un evento tragico rende evidente il rischio che le ragazze corrono: venire di nuovo rinchiuse in un Cie».
«Cosa potrebbe succedere se Joy ed Hellen all’indomani della scarcerazione verranno portate in qualunque Cie d’Italia – si chiedono le scriventi –? Se tornano in quello di Milano ritrovano Vittorio Addesso & C.; se vengono mandate in un altro Cie, si troveranno davanti altri gestori dell’ordine, colleghi loro, che sanno chi sono le ragazze e che coraggio hanno avuto… E allora cosa potrebbe accadere?».
La situazione poi si complica: «Ad una settimana dalla scarcerazione l’avvocato di Joy scopre di essere stato revocato e che al suo posto è stata nominata un’avvocata d’ufficio. Non sappiamo quali pressioni e ricatti abbia subito Joy per arrivare a questa scelta, ma una cosa è certa: qualcuno ha molto interesse ad insabbiare tutta questa vicenda e, per fare ciò, sta cercando di isolare in tutti i modi Joy e le altre da chi ha espresso loro, fattivamente, solidarietà in questi mesi. Ma la nostra solidarietà deve continuare a tradursi in concretezza, non possiamo permettere che Joy ed Hellen tornino nelle mani dei loro aguzzini. Nasce così la campagna “Ribellarci è giusto”, a sostegno di Joy e delle sue compagne».
Le Donne contro i Cie denunciano che «col pretesto della “sicurezza”, le donne migranti vengono rinchiuse in lager in cui ricatti e abusi sessuali sono all’ordine del giorno» per questo chiedono che «chi non intende essere complice di questo sistema basato sullo stupro e la violenza deve impedire che Joy ed Hellen vengano rimesse nelle mani dei loro aguzzini».
Per informazioni tel. 327.2029720, Internet http://noinonsiamocomplici.noblogs.org.

Nel Comasco impraticabile lo sciopero degli stranieri del 1° marzo. Ci sarà un presidio a Cantù, esempio di città poco accogliente

Domenica 7 febbraio 2010, il salone Noseda della Camera del Lavoro di Como è pressoché pieno per l’assemblea indetta per valutare le iniziative da prendere in occasione del prossimo 1° marzo, giornata per la quale diverse associazioni degli immigrati hanno lanciato la proposta di manifestazioni e altre forme di protesta, che i mezzi di informazione nazionale hanno sintetizzato sotto la formula dello “sciopero degli immigrati”.

La sala è gremita e numerose persone sono visibilmente straniere, per la maggior parte provenienti dal continente africano (qualche altro viene dai paesi asiatici, sembrano mancare invece gli immigrati del Maghreb, dell’Europa dell’Est e dell’America Latina); nutrita è anche la presenza di italiani.
In apertura, l’introduzione è svolta da due membri dell’associazione 3 Febbraio di Erba, che sottolineano come sia non più rimandabile la discussione sul presente e sul futuro degli immigrati, sul dilagare del razzismo, sul ruolo delle istituzioni; da questo punto di vista il 1° marzo è un’occasione, la tappa di un percorso tutto da costruire. Thierno Gaye scandisce che non c’è alcuna decisione già presa, che l’ipotesi dello “sciopero” presenta molte controindicazioni, che invece l’assemblea serve proprio a cominciare a mettere a fuoco il “che fare”.
Tocca a Daima di Milano, portavoce del comitato “Una giornata senza di noi”, chiarire come è nata la giornata del 1° marzo e che cosa si propone. In primo luogo si tratta di un’iniziativa europea, che vuole mettere in primo piano realtà, problemi ed esigenze dei “nuovi cittadini europei”; in quest’ottica l’ipotesi dello sciopero è solo una delle tante, e soprattutto è solo un elemento in un quadro che si vorrebbe costruire con le tante realtà radicate localmente, in uno sforzo di massima creatività. Lo stesso documento che si propone come base per la giornata è solo un punto di partenza per elaborare una piattaforma comune per il dopo 1° marzo, così come è uno strumento di diffusione dell’idea il simbolo proposto – un nastro giallo – da esibire in tutte le occasioni.
La discussione che segue mette a fuoco l’unanime convinzione che l’organizzazione di una giornata di attenzione sulla realtà delle persone immigrate sia comunque un dato positivo, pur nella diversità – a volte anche sensibile – di opinioni. C’è chi sottolinea che il fronte antirazzista è stato rotto anche dall’interno e chi si appella alla buona volontà comune, chi lamenta la genericità delle parole d’ordine fin qui elaborate e quindi l’esigenza di procedere rapidamente alla messa a punto di una piattaforma e chi propone di impegnarsi subito nel concreto rimandando le discussioni a dopo. Nella pacata analisi dei problemi quotidiani della maggior parte delle persone immigrate irrompe il drammatico richiamo alla realtà dei Centri di Identificazione ed Espulsione, teatri di violenze e di negazione dei diritti; d’altra parte si fa strada anche la rivendicazione del diritto di voto, viatico per una più adeguata considerazione dei diritti di tutti e – reciprocamente – la considerazione che l’insistenza sullo sciopero riduca nuovamente le persone immigrate a un mero elemento economico (che vale, o non vale, solo per la sua presenza/efficienza).
La discussione procede quindi su più binari, in forma tutt’altro che rituale e con la partecipazione di molte persone, straniere e italiane, fino alla stretta finale sull’organizzazione.
Nella zona comasca sembra ai più impraticabile l’ipotesi dello sciopero e anche quella di una vera e propria manifestazione appare prematura; si propone quindi l’organizzazione di un presidio a Cantù, identificata come la città più significativa dal punto di vista delle scelte discriminatorie prese dalla giunta; il presidio deve avere carattere fortemente unitario: niente bandiere di organizzazione o di nazioni, meglio la bandiera iridata della pace, oltre al nastro e agli striscioni gialli. Questo momento di maggiore impatto deve essere preparato con momenti di presidio e di volantinaggio in tutti i centri principali della provincia – e soprattutto a Como, Erba, Cantù stessa – nel fine settimana del 20 e 21 febbraio, e con un’assemblea pubblica plenaria da organizzarsi a Como per il 23 o 24 febbraio. Nel frattempo, un comitato organizzativo si è impegnato a mettere a punto i materiali necessari e a cercare di coinvolgere anche le comunità nazionali ancora poco avvertite del movimento di preparazione del 1° marzo. [Fabio Cani, ecoinformazioni]

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: