Dalla guerra preventiva alla prevenzione della guerra
Francesco Vignarca, attivista da sempre del Coordinamento comasco per la Pace, autore insieme al giornalista dell’Espresso Michele Sasso e a Duccio Facchini di Armi, un affare di stato – soldi, interessi, scenari di un business miliardario [Chiare lettere, 2012, 240 pagg, 14 euro] ha svolto per Addio alle armi del Convegno Ai 4 venti – venerdì 23 novembre alla Libreria Feltrinelli di Como – un documentatissimo intervento sul traffico d’armi nel nostro paese ricordando che le armi di distruzione di massa spesso impropriamente definite “leggere” uccidono una persona al minuto, 500 mila l’anno. Anche Michele Sasso, l’altro autore presente all’incontro ha sottolineato l’entità e le ramificazioni del business della morte evidenziando le tante connessioni con la politica corrotta e i boiardi di stato e citando come esempio emblematico il caso dell’ex assessore al Turismo della Giunta Formigoni Pier Gianni Prosperini. Nel dibattito dal pubblico – una cinquantina di persone i presenti- è venuta la richiesta di approfondimento sul rapporto commercio di stato delle armi, malaffare e criminalità organizzata e sulla scelta dell’Italia di fornire armi a Israele, un paese in guerra. Guarda i video: introduzione di Mauro Oricchio e intervento di Francesco Vignarca (parte 1) , di Michele Sasso (parte 2), dibattito parti 3, 4, 5, 6.
«La pace non è qualcosa che accade – ha spiegato Vignarca – la pace va preparata, non può “scoppiare” come la guerra. Ma per prepararla non bastano la buona volontà e le buone iniziative, bisogna capire e conoscere il mondo al quale ci si oppone, quello della guerra» ; è questo il senso della “Fase 1”, così definita dagli autori, di un libro che parte dalle cifre mondiali dell’economia di guerra per concentrarsi poi sui casi e sulle caratteristiche del mercato italiano.
1735 miliardi di dollari all’anno, questa la cifra stratosferica che rappresenta il bilancio mondiale di guerra, di cui 400 miliardi dedicati agli armamenti. L’Italia, che è il secondo esportatore mondiale di armi leggere, spende 23 miliardi all’anno in spese militari, che anche in periodi di crisi economica rappresentano un buisness sicuro: «Le spese militari mondiali dal 2001 al 2011 sono aumentate del 50% e i più grossi produttori di armi sono anche quelli che spendono di più negli armamenti». Il mondo delle armi non è in realtà un vero mercato, ma si può definire tecnicamente un monopsonio, perché l’unico compratore di questa merce sono i governi che drogano il mercato e in più vengono a sua volta drogati e costretti a comprare, come dimostra il caso recente della Grecia, dove nonostante tutti i tagli effettuati, le spese militari sono rimaste invariate. «Il problema delle armi – secondo Vignarca – è che fanno male non solo quando sparano ma anche quando le compro e rimangono inutilizzate nei magazzini, perché i soldi utilizzati sono soldi pubblici che vengono tolti alla sanità, all’istruzione, alle politiche sociali».
Michele Sasso, giornalista de L’Espresso ha ammesso di aver cominciato ad occuparsi di armi suo malgrado dopo lo scandalo che ha coinvolto l’ex assessore regionale lombardo al Turismo Piergianni Prosperini: « Prosperini fu arrestato perché faceva il procacciatore di affari dagli uffici del Pirellone per traffici d’armi con l’Eritrea, paese africano in cui non esiste la democrazia e il rispetto dei diritti civili. Da allora ho conosciuto tantissime storie mirabolanti che spesso riguardavano Finmeccanica e l’ex amministratore delegato Pier Francesco Guarguaglini, scoprendo l’esistenza di forti centri di potere, difficili da scardinare». Finmeccanica è la società italiana attiva nei settori di difesa e aereospazio, controllata al 30% per legge dallo Stato che ne decide i vertici. «Abbiamo scoperto – prosegue Sasso – che Finmeccanica fa arrivare donazioni a qualsiasi fondazione politica che costituisca e nel libro raccontiamo attraverso esempi e piccole storie il sistema, il meccanismo, il “modo d’agire” ben oltre la legalità che in parlamento tutti conoscono benissimo. Se i governanti decidono però di usare deliberatamente risorse pubbliche nel fare affari di Stato, a qualcuno dovranno rendere conto».
Nelle domande finali del pubblico che chiedeva come si potesse continuare a produrre e commerciare armi in Italia quando l’articolo 11 della Costituzione specifica che “L’Italia ripudia la guerra”, Vignarca e Sasso hanno risposto che in realtà l’economia è completamente scissa dall’etica e si utilizza la finta difesa della pace e il contrasto al terrorismo per fare affari e giustificare la vendita di armi, citando il caso di Gheddafi e dei bombardamenti in Libia successivi alla fornitura di armi da parte del governo Italiano. Mauro Oricchio, direttore del Coordinamento comasco per la pace ha concluso l’incontro confermando l’impegno costante «Per poter passare dalla guerra preventiva alla prevenzione della guerra, alla “fase 2” del percorso, quella di investire sempre di più nelle politiche di disarmo». [Tommaso Marelli – ecoinformazioni]