L’Italia deve recuperare fiducia

aldocazzullo-thumb«Basta piangere! È un’espressione d’amore, non un lamento». Il giornalista Aldo Cazzullo, venerdì 22 novembre a Como, di fronte a una platea gremita, ha raccontato le storie di un’Italia «che non si lamentava» contenute nel suo ultimo libro. L’incontro è stato organizzato dai Giovani industriali di Unindustria e moderato dal direttore de La provincia Diego Minonzio

«Basta Piangere!» è un saggio generazionale e pieno di speranza. Il racconto di un’Italia che stava peggio ma trovava la forza per riprendersi e risolvere i problemi. Quello che manca oggi è la fiducia, non la speranza. La prima si basa su fatti concreti e ha solide basi, la seconda è solo un’attitudine. Per questo motivo Aldo Cazzullo ha deciso di scrivere il libro: «Non ho nessuna nostalgia del tempo perduto. Non era meglio allora. È meglio adesso. L’Italia in cui siamo cresciuti era più povera, più inquinata, più violenta, più maschilista di quella di oggi. C’erano nubi tossiche come a Seveso, il terrorismo, i sequestri. Era un paese più semplice, senza tv a colori, computer, videogiochi. Però il futuro non era un problema; era un’opportunità». Aldo Cazzullo, stimolato da Diego Minonzio, ha raccontato alcune storie della sua generazione e quella dei padri e dei nonni «che non hanno trovato tutto facile; anzi, hanno superato prove che oggi non riusciamo neanche a immaginare. Hanno combattuto guerre, abbattuto dittature, ricostruito macerie. Hanno fatto di ogni piccola gioia un’assoluta felicità anche per conto dei commilitoni caduti nelle trincee di ghiaccio o nel deserto. Mia bisnonna sposò un uomo che non aveva mai visto: non era la persona giusta con cui lamentarmi per le prime pene d’amore. Mio nonno fece la Grande Guerra e vide i suoi amici morire di tifo: non potevo lamentarmi con lui per il morbillo. L’altro nonno da bambino faceva a piedi 15 chilometri per andare al lavoro perché non aveva i soldi per la corriera: come lamentarmi se non mi compravano il motorino? I nati negli anni Sessanta non hanno vissuto la guerra e la fame; ma sapevano che c’erano state. Hanno assorbito l’energia di un Paese che andava verso il più anziché verso il meno. Hanno letto il libro Cuore, i romanzi di Salgari, Pinocchio, i classici. Non hanno avuto le opportunità dell’era digitale, scrivevano lettere e non mail o sms, ma proprio per questo hanno conosciuto il tempo in cui le parole avevano un valore».
Per Cazzullo negli ultimi trent’anni sono crollati due pilastri che ci sorreggevano: la moneta debole e una spesa pubblica generosa. Negli anni novanta con “tangentopoli” si è persa un’incredibile opportunità di cambiamento e da lì in avanti si è cresciuti poco e male. Oggi bisogna rimettere in moto la crescita puntando sul turismo, manifattura e green tech. «E da questo punto di vista – ha sottolineato il giornalista – il governo delle larghe intese ha fallito».
Oggi ci confrontiamo con due grossi problemi: l’ascensore sociale non funziona e i giovani vanno all’estero e non tornano. «Spesso i ragazzi dicono “questo paese”, l’espressione corretta dovrebbe essere “il nostro paese”». «Bisogna recuperare la fiducia – conclude Cazzullo – attraverso degli esempi concreti. Per questo ho trovato storie nel nostro paese che mi hanno fatto ben sperare e ho deciso di raccontarle». [Andrea Quadroni, ecoinformazioni]

 

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