
Il contrasto al gioco d’azzardo e le infiltrazioni mafiose nel circuito legale ed illegale
Si è aperto nel pomeriggio di martedì 5 giugno nella sala conferenze della biblioteca comunale di Como il ciclo di conferenze incluso nel progetto “Creare una comunità alternativa alle mafie. Sostegno alle vittime della criminalità organizzata”, che vede impegnato il comune di Como a fianco di Avviso Pubblico nell’ambito di un accordo di collaborazione sottoscritto dal comune con regione Lombardia per la realizzazione di interventi di assistenza e aiuto alle vittime dei reati di stampo mafioso e della criminalità organizzata.
L’incontro di apertura, Il contrasto al gioco d’azzardo e le infiltrazioni mafiose nel circuito legale ed illegale, ha visto la partecipazione di Claudio Forleo, giornalista di Avviso Pubblico e co-autore con Giulia Migneco, responsabile dell’ufficio stampa di Avviso pubblico, del volume Lose for life. Come salvare un Paese in overdose da gioco d’azzardo? (ed.Altreconomia, 2017), e di Andrea Bosi, assessore alla legalità del comune di Modena. Non ha potuto partecipare Franco Mirabelli, senatore Pd già membro della Commissione bicamerale antimafia e primo firmatario del disegno di legge S.2000 Disposizioni in materia di riordino dei giochi, presentato nel luglio 2015: Antonio Vecchio, segretario del Centro per la promozione della legalità di Como e moderatore del’incontro, ha perciò letto una sua nota in apertura.
Il provvedimento di legge in questione è imperniato sul presupposto di di una più stretta collaborazione tra Stato e regioni in direzione di una riduzione simultanea della domanda e dell’offerta di gioco d’azzardo in Italia, il paese europeo che registra le più alte somme giocate in rapporto al Pil: «Nel 2016, si stima che tra i 17 e i 25 milioni di italiani abbiano giocato 101 miliardi di euro (sic), somma quattro volte superiore a quella del 2004 e corrispondente a circa 1900 euro di giocate per ciascun cittadino di maggiore età», riferisce Forleo, che prosegue:. «L’aumento, quasi la “normalizzazione” del gioco d’azzardo è stato veicolato dalla crisi scaturita lo scorso decennio, ma anche, e in modo significativo, dalla progressiva liberalizzazione del gioco d’azzardo operata dallo Stato a partire dal 1992, giustificata con la conversione del gioco da occasione di lucro per la criminalità organizzata a fonte di entrate fiscali. Anche su questo aspetto, l’Italia è prima nell’Unione europea, con 9,2 miliardi di euro in entrate fiscali nel 2016, 1,2 miliardi in più rispetto all’anno precedente». La maggior parte di questi introiti provengono dalle “macchinette”, sia Awp (slot e affini “tradizionali” per così dire), sia Vlt (collegate a un sistema centrale, permettono giocate fino 10 volte più alte), internet, in generale, gioca un ruolo importante nell’accesso al gioco d’azzardo e ad altre forme di gioco che richiedono qualche forma di pagamento, e rappresenta, da questo punto di vista, un pericolo per i minorenni a cui – per legge – il gioco d’azzardo è esplicitamente precluso.
Il rovescio di questa medaglia già non rassicurante è costituito dalle implicazioni distruttive del gioco d’azzardo, inteso come abitudine e come business, che vanno da forme più o meno gravi di ludopatia («la quale – rammenta Forleo – è ancora diffusamente intesa come dipendenza “minore”, meno visibile dell’alcoolismo o della tossicodipendenza, mentre sono relativamente pochi i giocatori patologici che chiedono aiuto; da parte sua, il sistema attuale non sarebbe in grado di far fronte alla ludopatia diffusa, se fosse chiamato a farlo») alle sistematiche infiltrazioni delle “mafie” – tutte – nel giro di affari legato al gioco. La criminalità, infatti, controlla una parte importante del business del gioco (legale e non) del gioco d’azzardo che, nei fatti è difficilmente riconducibile al reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, così da garantire alti profitti a fronte di un rischio penale o sanzionatorio piuttosto contenuto. Le modalità con cui le mafie controllano questo giro di affari sono diverse, più o meno lecite: cessione delle macchinette agli esercenti, ricorso a prestanome, acquisti di schedine vincenti, prestiti ad usura rivolti ai debitori, che spesso,in situazioni di grave dipendenza, si mettono in situazioni compromettenti pur di continuare a tentare la sorte e sentirsi, finalmente, “vincitori”.
L’atteggiamento dello Stato, intanto, appare quanto mai “bicefalo”: se da una parte interviene a sottrarre il gioco dall’illegalità e a ridurre l’accesso al gioco (la legge di stabilità, per esempio, ha ristretto il numero delle “macchinette”), dall’altra lancia modalità di gioco (e promozione dello stesso) sempre più tentatrici e pervasive, che danno accesso a puntate e vincite potenzialmente sempre più alte, benché il 14 per cento del giocato complessivo in Italia vada perso, e il restante 86 per cento redistribuito in modo decisamente asimmetrico tra i vincitori. Ne risulta un aumento pressoché costante della domanda di gioco, anche tra categorie sociali vulnerabili come i giovani, anche minorenni, gli anziani, i disoccupati, tentati dalla facile reperibilità del gioco, non solo in luoghi visibili (bar, tabaccherie) ma anche online e in postazioni ad hoc, studiate per dare ai giocatori un senso di protezione estemporanea.
Se l’atteggiamento delle istituzioni nazionali è complessivamente ambivalente, alcune amministrazioni locali stanno dando prova di buona volontà nel contrastare il fenomeno del gioco d’azzardo, e possono offrire esempi interessanti di buone pratiche da applicare in modo più diffuso. Como e gli altri comuni della provincia che aderiscono al progetto di Avviso Pubblico erano decisamente poco rappresentati in un pubblico di per sé assai esiguo, benché la città aderisca ad Avviso pubblico dal 2014 e al progetto 100 comuni contro le mafie dal 2015, e benché all’ufficio brevetti della Camera di commercio di Como sia attivo lo sportello per la legalità Riemergo , che opera in interfaccia con il progetto regionale Sos giustizia. Infiltrazioni di criminalità organizzata (in primo luogo ‘ndranghetiste) e gioco d’azzardo “endemico” sono realtà presenti sul territorio della provincia di Como, nona in Italia (nel 2016) per spese di gioco pro capite, e della Lombardia, considerando che nella stessa “top ten” figurano cinque province di questa regione e che perfino il New York Times, nel 2013, si era interessato al caso di Pavia, allora definita come la “Las Vegas d’Italia” per l’incidenza del gioco d’azzardo sul territorio. Da allora, la città ha compiuto importanti investimenti per contrastare il fenomeno, nel frattempo, altre città italiane hanno intrapreso analoghi percorsi di sensibilizzazione e prosecuzione legale del gambling, della ludopatia e delle attività illecite a essi correlate.
Andrea Bosi, assessore alla legalità del comune di Modena, ha intrapreso una battaglia di contrasto al gioco d’azzardo mirata a limitarne l’impatto, nella consapevolezza che la sensibilizzazione non è sufficiente a contenere o prevenire i danni, se non accompagnata da un intervento di tipo prescrittivo. A Modena, città di 185 000 abitanti, l’amministrazione ha emanato nel 2017 un’ordinanza rivolta a trenta case da gioco e 250 esercizi autorizzati a tenere macchinette di tipo Awp (quindi “a circuito chiuso”), che imponeva la disattivazione degli apparecchi a orari “critici”, limitandone il funzionamento a 8 ore al giorno; contestualmente, il testo unico 18/2016 “per la promozione della legalità e per la valorizzazione della cittadinanza e dell’economia responsabile” della Regione Emilia-Romagna dispone, agli artt. 46-48, il “decentramento” degli esercizi adibiti al gioco rispetto a luoghi “sensibili” (come possono essere scuole e altri edifici pubblici, banche, compro oro, luoghi d’interesse turistico) o la loro chiusura.
In un paese in cui limitati investimenti nella cultura si accompagnano ad alte spese in gioco d’azzardo, i casi di Pavia e Modena (che peraltro, ricorda Bosi, è la città di base della famiglia Femia, che ha minacciato di morte il giornalista Giovanni Tizian) rappresentano casi positivi di amministrazioni attive nella lotta al gioco d’azzardo, e con buoni risultati; ma l’intesa tra governo ed enti locali raggiunta lo scorso 7 settembre rischia di far “retrocedere” questo ed altri casi virtuosi a standard uniformi a livello nazionale, con più limitati orari di spegnimento dei dispositivi e l’attivazione di case da gioco decentrate, che certo non aiuterà le fasce emarginate ad “affrancarsi” dalla facile tentazione del gioco d’azzardo.
Certo non sarà facile eliminare tout court una realtà che, pur nelle sue gravi ricadute, costituisce un’importante bacino fiscale, ammettono i relatori; così come non è pensabile isolarlo una volta per tutte dalle infiltrazioni criminali. Anche a livello politico, contrastare sistematicamente il gioco d’azzardo, specie in un contesto di diffuse tensioni socio-economiche, è una decisione complessa, che attira resistenze da parte di numerosi stakeholders, alcuni dei quali disposti a ricorrere all’intimidazione. A parte le concrete attività intraprese dagli enti locali per ridurne domanda e/o offerta, si potrebbe ad esempio intervenire sulla promozione, sugli sgravi fiscali per gli esercenti che rinuncino alle slot machine, a una tracciabilità delle carte di credito dei giocatori, a un cambiamento nel sistema delle licenze, senza però arrivare al proibizionismo che spianerebbe la strada alle associazioni a delinquere. Questi provvedimenti non sono gratuiti e non sono facili, come dimostrano le frequenti intimidazioni subite da amministratori, esercenti e giornalisti intenzionati a contrastare il gioco o svelarne i retroscena, ma gli alti costi sociali ed economici parlano chiaro sulla necessità di agire in questo senso. Gli stessi cittadini, conclude Forleo, possono avere un impatto decisivo, nella scelta di preferire attività e locali esterni al circuito del gioco d’azzardo e, magari, di domandare più spazi di vera aggregazione sociale, che possano restituire alla parola “gioco” un significato più pulito. [Alida Franchi, ecoinformazioni]
Complimenti per l’approfondito articolo che ha reso onore agli interessantissimi interventi dei relatori, come anche riportato da molti dei presenti e in particolare dalle professoresse del Centro di promozione della legalità (CPL) della rete scolastica di Como e che hanno preso contatto con i relatori per replicare la loro testimonianza anche nelle loro classi nel prossimo anno scolastico.
Per correttezza dell’articolo, specifico che non sono né segretario né un docente membro del CPL, ma un dipendente del Comune di Como membro della segreteria organizzativa del progetto fin dalle sue origini nel 2016, con l’onere e l’onore di traghettarlo, insieme ad altri colleghi, dall’allora assessore alla Legalità avv. Marcello Iantorno all’attuale Vice Sindaco ed assessore ai Servizi sociali on. Alessandra Locatelli, sotto la direzione del Capo di Gabinetto dott.ssa Valeria Guarisco prima e del Vice Segretario gen. avv. Marina Ceresa ora.
Al prossimo seminario: le iscrizioni sono aperte alla email dedicata
iscrizioni.anticorruzione@comune.como.it