COnTatto e l’esperienza nelle scuole: riparare per ripartire

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”Con tatto, per una scuola gentile ed esigente”: questo il titolo del convegno (moderato da Bruna Dighera, psicologa e psicoterapeuta) che si è tenuto giovedì 29 novembre alla biblioteca di Como, per tirare le fila della prima fase operativa del progetto COnTatto. Trame riparative nella comunità, finanziato da Fondazione Cariplo nell’ambito del bando Welfare in azione e innovazione sociale.

Tra i progetti finanziati da Fondazione Cariplo nel suddetto bando, COnTatto costituisce un’iniziativa sui generis, chiarisce Katarina Wahlberg, intervenuta in apertura affiancando Gianpaolo Folcio (Asci – azienda sociale comuni insieme) e Elisabetta Patelli (Ufficio scolastico territoriale. Questo perché non dà la priorità a un target specifico – gli attori del progetto coincidono sostanzialmente con i suoi beneficiari – , bensì a una metodologia pionieristica e in continuo divenire, che parte dal principio della giustizia riparativa nel contesto scolastico attivando, per estensione, nella comunità di cui fanno parte studenti, insegnanti e genitori. Tale approccio è già stato varato con successo in altri paesi europei, come in Gran Bretagna e in Finlandia, e coinvolge nel comasco gli istituti comprensivi di Como-Rebbio, Lomazzo e Mozzate e l’Ites Caio Plinio Secondo di Como (un elenco completo delle realtà coinvolte in COnTatto è disponibile in fondo all’articolo relativo alla presentazione del progetto, pubblicato da ecoinformazioni il 20 ottobre 2017). Bisogna anche precisare che l’approccio di questo progetto è a suo modo innovativo, perlomeno da queste parti, ma non rappresenta un caso isolato: un esperimento analogo è riportato da Micaela Furiosi, referente dell’area scuole del Tavolo per la giustizia riparativa di Lecco.

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La filosofia e la narrativa di un progetto che recita nel proprio titolo Trame riparative nella comunità non può che adottare l’analogia del tessuto (la comunità), costituito da fili (le relazioni) che si dipanano, si intrecciano e, talvolta, si spezzano: quando sopraggiunge il conflitto, si può optare per un’interruzione definitiva dei rapporti, scelta che può auto-alimentarsi in una spirale di disgregazione e sfiducia, oppure tentare un riavvicinamento, ”riannodando” la trama sfilacciata e accorciando in questo modo la distanza tra noi e l’altro. Superando la dicotomia ”vittima-colpevole”, diventa possibile assumersi collettivamente la responsabilità del conflitto, tanto nelle sue cause quanto nella sua risoluzione, come spiegato da Ivo Lizzola, professore di Pedagogia sociale e Pedagogia della marginalità all’Università degli studi di Bergamo.
Fuor di metafora, creare gruppi di coprogettazione in un contesto sicuro e amichevole, coinvolgendo tutte le parti coinvolte nell’attuazione del progetto (anziché proponendo una strategia preconfezionata da specialisti), non ”intende” solo ricucire le fratture e ricompattare il tessuto sociale: ”è” già di per sé tutto questo. Chi è familiare con qualche tipo di progettualità sociale ”dal basso”, infatti, sa già che il processo è importante quanto il risultato, se non di più. Peraltro, non è escluso che diversi progetti coinvolgano lo stesso ”segmento” di una comunità, dando luogo a nuove proposte e istanze e attivando una parte sempre più vasta della cittadinanza, come già avviene nel contesto locale (per aggiornamenti, è possibile seguire il blog curato da Massimo Patrignani per ecoinformazioni).
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Come chiarisce Grazia Mannozzi, docente di Diritto penale all’Università degli studi dell’Insubria, un approccio riparativo e ”orizzontale” alla giustizia non sostituisce, ma piuttosto integra l’applicazione del diritto penale. Le regole, che non possono piegare del tutto il libero arbitrio individuale, non sono immutabili nel tempo, e certo non prevengono l’insorgenza del conflitto  – che è un dato di fatto dell’interazione sociale. specie se complessa e ampiamente condivisa -, eppure vanno intese e rispettate nel loro valore ”’grammaticale” rispetto alla convivenza civile. La scuola, come spazio-momento di interazione e crescita, ma anche come contesto formativo, fornisce da questo punto di vista una ”palestra ideale”. Accanto all’elemento dell’esigenza, non deve mai però mancare quello della gentilezza: a Rebbio, per esempio, stata proprio la proposta dei ”caffè- Contatto” a creare le basi per un rapporto di ascolto e fiducia tra studenti, genitori e insegnanti, tutti coinvolti nell’elaborazione e nella messa in pratica di strategie di riconciliazione e di rafforzamento. Le esperienze progettuali delle scuole coinvolte (il più delle quali è collocato in aree periferiche, percepite come ”difficili”) hanno portato a diverse forme di espressione: cartelloni, letture, canzoni, presentati alla platea da studenti degli stessi istituti.

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Il feedback per un’iniziativa destinata a concludersi nel marzo 2020 è finora assai positivo, essendo riuscito a cogliere e valorizzare la conflittualità scolastica come aspetto problematico e come risorsa per rinsaldare le fragilità e ripartire più uniti e più forti di prima, sfidando il clima di diffidenza e di ostilità che trapela dai media e da parte della politica (resta ovviamente aperto l’invito alle istituzioni a fare tesoro delle esperienze come quella di COnTatto). Un primo anno talvolta faticoso, ma certamente incoraggiante e istruttivo, è stato giustamente celebrato dal convegno di giovedì, affiancato dal monologo Mandela: verità e riconciliazione (scritto e diretto da Pino Di Bello e interpretato da Marco Continanza) e dall’inaugurazione dell”’Angolo ripartivo” (sic) nello spazio della biblioteca, per condividere l’essenza del progetto con un pubblico ancora più vasto. [articolo e foto di Alida Franchi, ecoinformazioni]

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