
Animare la vecchiaia/ Ripensando ai servizi
Occorre evitare che l’anziano diventi un mondo separato e chiuso in sé stesso, un mondo favorito da sentimenti di isolamento, solitudine e abbandono, specie per le persone non autosufficienti. È essenziale capire che siamo tutti insufficienti, ovvero tutti dipendenti l’uno dall’altro. Certe fragilità, certe solitudini, sono condizioni che prima o dopo ci toccano tutti, e se questa condizione viene vissuta al meglio, può trovare tante positività.
La Cà d’Industria e le sue componenti sono state per anni e anni un fiore all’occhiello della nostra città, oggetto di continue attenzioni per tanti amministratori e direttori, che purtroppo, l’hanno gestita in modo iniquo, non l’hanno fatto come si doveva, un po’ trascurandola e a volte, non fornendole il dovuto rispetto. Momenti impegnativi che l’hanno riportata all’ordine del giorno per la decisione di chiudere Villa Celesia, uno dei luoghi importanti per la nostra città.
La pandemia ha colpito duramente le RSA, ha svelato il rapporto che la nostra società ha con gli anziani, sufficienti e non. Forse li pensiamo sempre come corpi con destinazioni sociosanitarie, dovremmo invece cominciare a pensarle come persone bisognose di riconoscimento e rispetto, per tutto quello che ci hanno dato, bisogna vederle come parte integrante, qualificata e numerosa della nostra città.
Purtroppo, come del resto succede in tutto il paese, anche Como è una città che invecchia; gli over 60 sono ormai il 35 per cento della popolazione comasca, quindi occorre davvero pensare ad umanizzare e a gestire al meglio la vecchiaia e i servizi per quel periodo di vita di tanti nostri concittadini. Non è possibile quindi affrontare questo problema solo in termini di bilancio. Bisogna essere consapevoli che affrontare i costi dell’invecchiamento per tutti, possono essere preoccupazioni comprensibili, ma occorre essere realisti, perché la nostra società, la nostra città sarà sempre più composta da una maggioranza di persone anziane. C’è bisogno che la città consideri un patto di solidarietà tra tutte le generazioni, pensando ad una prospettiva intergenerazionale.
Anche per questo occorre che la Cà d’Industria venga sempre più inserita nel vivo della nostra città e che Villa Celesia, una sua eccellenza non venga chiusa. Ho parlato con una lavoratrice della Residenza «Sapevo di questa situazione economica impegnativa – dice – avevamo proposto idee come l’accoglienza di malati terminali, di creare un centro diurno, un luogo per persone che escono dagli ospedali e non possono rientrare subito a casa». Da lavoratori, persone che vanno sempre ringraziate per quello che fanno, nella loro disponibilità e nei modi, chiedevano una verifica delle tariffe, che erano abbastanza elevate. «Pensate a una famiglia in difficoltà che deve far ricoverare un proprio caro, quanto può costargli, pensate ad una persona che vuole, perché non più autosufficiente fisicamente, ritirarsi in un luogo come Villa Celesia, quanto deve pagare».
Importante è, dunque, un’analisi di tutto questo, studiare e pensare il problema, ma soprattutto adeguare le politiche sociali della nostra città alla realtà di una città che invecchia per dare la possibilità a tutti di trascorrere dignitosamente quel pezzo di vita che chiunque vorrebbe vivere al meglio. [Luigi Nessi, ecoinformazioni]