Video/ Quali prospettive per la sanità comasca?

Una conferenza stampa ricca di spunti di riflessione il 22 novembre, via zoom, con la partecipazione della rete Cittadella della salute, i partiti di opposizione in Consiglio regionale Pd, M5s, Gruppo Regionale Più Europa – Radicali e le forze sindacali Cgil, Cisl e Uil. Tutti gli interventi hanno messo in evidenza più ombre che luci in merito alla Riforma Sanitaria attualmente in discussione in Regione Lombardia. L’incontro ha presentato il tema che sarà discusso nell’omonima iniziativa del 24 novembre allo Spazio Gloria in vai Varesina 72 a Como dalle 17,30 alle 20. Ingresso libero con Green pass, diretta sulle pagine fb di ecoinformazioni e dell’arci di Como.

Unanime è stato il giudizio negativo sulla modalità del percorso: una Riforma discussa e decisa senza un vero dibattito pubblico, senza nessun ascolto dei soggetti istituzionali e associativi, tanto che, alcuni emendamenti, avanzati in fase preliminare dalle forze sindacali e da alcune associazioni del Terzo settore, non sono stati minimamente presi in considerazione. Calata dall’alto anche la scelta dei luoghi dove allocare le Case della Comunità e gli ospedali di Comunità, strutture che dovrebbero avere una loro specificità ed essere punto di riferimento chiaro per la popolazione, mentre, in molti casi, vengono collocati all’interno di ospedali già esistenti, come ad es. l’Ospedale di Menaggio e quello di Cantù, depotenziando un’offerta già esistente e significativa per quei territori e ipotizzando un’alternativa confusiva rispetto ai reali obiettivi.

I modelli precedenti, quello di Formigoni prima e di Maroni poi, non sono stati intaccati nei loro presupposti di base: la programmazione socio-sanitaria e sanitaria non si basa su dati epidemiologici, non va a intervenire là dove esiste una maggiore fragilità rispetto ai determinanti di salute, ma agisce ancora secondo la logica delle prestazioni, più quantitative che qualitative, e della concorrenza pubblico-privato ad armi impari. Anzi nella “Riforma”, si viene a definire la completa uguaglianza tra i due soggetti, non tenendo assolutamente conto di quanto è successo nel corso della pandemia, quando quasi esclusivamente il settore pubblico è entrato in gioco.

Non è stato affrontato il problema delle liste d’attesa, il ruolo del Dipartimento della prevenzione, ancora diviso a metà tra Ats e Asst; le contraddizioni emerse in materia di governance non sono state superate, lasciando il modello organizzativo preesistente con un’unica Ats tra Como e Varese, realtà con bisogni e conformazione territoriale completamente diversi. Nell’Asst convivono ancora ospedale e territorio ma con un budget molto più sfavorevole per i servizi territoriali.

C’è infine il problema del personale sanitario e sociale. Le risorse messe a disposizione dal Pnrr sono per telemedicina, recuperi strutturali di stabili, centrali operative, ma nulla per quanto riguarda il personale infermieristico, medico e sociale, che risulta carente anche per mancanza di programmazione di percorsi formativi e per il permanere del numero chiuso nelle facoltà di medicina. Da qui sorge il dubbio su chi effettivamente andrà a far funzionare le case di Comunità e gli Ospedali di Comunità e su come garantiranno il servizio, perché, anziché essere il luogo dove si elabora in modo personalizzato un obiettivo di salute, con modalità multidisciplinare, potrebbero assumere la connotazione di semplici Poliambulatori, dove ancora predomina la logica di produzione di prestazioni. [Manuela Serrentino, Cittadella della salute]

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