Il suono della pace nei passi in cammino

Non importa se con la pioggia o con il sole, non importa quale strada si prende – l’importante è andare, a ritmo di tanti passi, verso un orizzonte comune. Di Pace.

Così in molte centinaia centinaia hanno camminato domenica 3 aprile da Como e Cantù portando con sè questo proposito: nelle bandiere arcobaleno e in quelle delle tantissime associazioni, istituzioni e sindacati che hanno aderito all’iniziativa del Mese della Pace; nel sorriso aperto di molte e molti, non scalfito neanche dalle nuvole piovose accodatesi al corteo; nelle parole degli organizzatori, ferme nel condannare le azioni di guerra che infestano il mondo a qualsiasi latitudine.
Chi con lo sguardo offuscato dalla preoccupazione per la crisi in Ucraina, chi con l’entusiasmo sbrigliato degli anni più giovani e la domanda di un futuro migliore, chi con rabbia livida per le ingiustizie sotto gli occhi di tutte e tutti, chi mormorando preghiere, chi cantando, chi consapevole di quanto si somiglino gli errori nella Storia, chi semplicemente perchè sente il dovere morale di esserci.

In una partecipazione così grande sono confluite diverse idee politiche, sfumature ideologiche, opinioni personali, orientate diversamente eppure tutte in grado di schierarsi compatte davanti ad un modo violento e meschino di stare al mondo. L’appello al disarmo (nucleare e non, così come sancito nel trattato entrato in vigore la scorsa estate), ad una posizione europea unita di condanna verso la guerra e di accoglienza senza discriminazioni, lanciato durante la lettura del documento presentato all’inizio della manifestazione risuona lungo tutto il cammino verso la frazione di Navedano, nell’inaspettato intervento durante il percorso della comunità buddhista cingalese, dimostrando come lo stato di conflitto (che ora trova nella situazione ucraina la forma virulenta più attuale) non sia nell’orizzonte di vita di molte, molti a Como e ovunque sulla Terra.

Ma pace non è solo assenza di conflitti, quieto permeare di uno stato uguale a se stesso: è azione costante, attiva e durevole nel tempo, per costruire un sistema umano equilibrato ed ugualitario, è sradicamento di situazioni di sopruso e sfruttamento, è fame di giustizia sociale e ambientale, forza dinamica nello scardinare un «tendere infinito verso» ponendo un obiettivo raggiungibile, tangibile, reale. Che sia l’obiezione di coscienza sulla tassa per le spese militari come proposto da Luigi Lusenti (uno dei protagonisti del progetto Life After in ricordo della Carovana per la pace di Sarajevo di trentun’anni fa), giudicate severamente «pazzia» da papa Francesco o un consapevole cambiamento strutturale nei confronti soprattutto dell’ambiente terrestre, «verso cui siamo in guerra» e con il quale è imprescindibile riappacificarsi per garantire la sopravvivenza della vita stessa, nelle parole di Alfonso Navarra, “antigiornalista” (così come si definisce) tra i più accesi sostenitori delle politiche di disarmo.
E se è vero che forse alcune centinaia di persone sono briciole sparse sul tavolo della politica internazionale, è vero anche che è giusto e necessario continuare a manifestare, chiedendo con parole e gesti che si cambino le cose.
La pace non succede, la pace non si aspetta: la pace si prepara fattivamente, scavandone la strada con migliaia di passi. [Sara Sostini, ecoinformazioni]

[Foto di copertina Beatriz Travieso, ecoinformazioni]

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Guarda le foto di Gianpaolo Rosso, ecoinformazioni.

Guarda le foto di Beatriz Travieso, ecoinformazioni.

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