La Giornata mondiale del rifugiato a Palazzo Cernezzi

coxprimopianoIl Consiglio comunale di Como, nella seduta del 20 giugno, accogliendo la richiesta di Celeste Grossi (Paco-Sel) nel suo intervento per la Giornata mondiale del rifugiato ha,  su invito del presidente del Consiglio comunale Stefano Legnani, ha celebrato un minuto di silenzio in memoria di Jo Cox e di tutte le vittime dell’intolleranza e di tutti coloro che hanno lavorato e lavorano per la Pace.  Leggi nel seguito l’intervento di Celeste Grossi.

giornata rifugiato«Le guerre degli ultimi 26 anni hanno visto la partecipazione, la responsabilità o il sostegno di molti paesi europei, fra cui l’Italia sempre “pronta a fare la sua parte”, in disprezzo dell’articolo 11 della Costituzione.

Oggi, 20 giugno, Giornata Mondiale del Rifugiato, vogliamo celebrare la forza, il coraggio e la perseveranza di 65 milioni di donne, uomini, bambine e bambini costretti da guerre, violenze, povertà, a lasciare le loro case.

A cosa serve una giornata rispetto a quanto tutti i giorni accade ai confini di mezzo mondo? A fronte della catastrofe umanitaria che si sta consumando nel Mediterraneo, dove nei primi mesi del 2016 ci sono stati almeno 2.868 morti e dispersi?

A cosa serve una giornata a fronte dell’avanzata delle forze razziste e xenofobe nel mondo, in Europa e anche in Italia? Assieme alla costruzione di muri nello spazio Schengen, avanzano e si diffondono razzismo e xenofobia, alimentati irresponsabilmente da strumentalizzazioni politiche da parte di destre, occupate ad inasprire guerre tra poveri, e nutriti da un’informazione superficiale che contribuisce a costruire un clima emergenziale.

Una Giornata come quella di oggi serve solo se non è celebrazione rituale.

Oggi, noi di Paco-Sel vogliamo ricordare le vittime del nostro egoismo e delle nostre paure e portare in quest’aula la voce di chi non ha voce. Perché questa giornata richiami le istituzioni a riconoscere, anche formalmente, un fenomeno destinato ad accompagnarci per lungo tempo.

A Como questa giornata serve a illuminare le vite di donne e uomini che da settembre 2015 dormono alla stazione San Giovanni. Serve a svelare le ipocrisie. Serve a chiedere a voce alta un rendiconto puntuale e preciso di come vengono spesi i fondi che il Prefetto, per conto del governo, eroga a enti privati che si occupano della prima accoglienza. Serve a chiamare ciascuno, ciascuna, ad assunzione di impegno e responsabilità nel rispetto dei ruoli istituzionali ricoperti.

Oggi, il mio pensiero va inevitabilmente e dolorosamente anche a Jo Cox. La quarantunenne deputa laburista che ai rifugiati siriani in Gran Bretagna aveva dedicato molta della sua attività politica, della sua passione e del suo tempo, drammaticamente e prematuramente interrotto da un uomo di estrema destra che, per fragilità mentale, è stato facile preda di chi semina odio. Quell’odio, diffuso irresponsabilmente, rischia di distruggere definitivamente la possibilità del “vivere-insieme”. All’assassino, che prima di colpirla, ha urlato “prima di tutto la Gran Bretagna”, il marito di Jo ha risposto: “ora è il tempo di lottare contro l’odio che l’ha uccisa”.

L’idea di accoglienza di Jo Cox, non si concilia con quello che ogni giorno vediamo: avarizia al momento dell’accoglienza; cinismo nella chiusura delle frontiere, nei rimpatri forzati, nella classificazione arbitraria dei profughi, nell’istituzione di Hot Spot (addirittura galleggianti, come proposto dal Ministro Alfano); insensibilità alle richieste di modifica del Trattato di Dublino; violazione del diritto europeo alla protezione internazionale dei rifugiati e della Convenzione di Ginevra, come nel caso dell’accordo UE-Turchia. Queste scelte politiche sono costose e dannose. Il 70% del denaro impiegato dall’Unione europea per i profughi è destinato a misure dissuasive e respingimenti.

È nostro obiettivo dare diritti a tutte e tutti perché non possono esistere regole diverse a seconda del paese di nascita; dare a ciascun uomo, a ciascuna donna su questa terra il diritto di costruirsi un futuro migliore; garantire il diritto all’istruzione a ogni bambina, ogni bambino rifugiato, garantire il diritto a un posto sicuro in cui vivere a ciascun rifugiato; garantire il diritto al lavoro o ad acquisire nuove competenze. Garantire diritti umani costerebbe assai meno delle insensate misure approvate dall’Unione Europea. Costerebbe meno di quanto il governo italiano spende per dare un alloggio a persone rifugiate che arrivano nel nostro paese.

Presidente, le chiedo, all’apertura del Consiglio, un minuto di silenzio per Jo Cox e tutte le donne e gli uomini che come lei sono stati uccisi dal razzismo.

 

Ho iniziato la Mia “celebrazione” non rituale firmando una petizione di solidarietà a Ospiti in arrivo, un’associazione che a Udine ogni sera assiste gratuitamente i richiedenti asilo fuori accoglienza. Le accuse nei confronti dei volontari udinesi, i fogli di via agli attivisti di Ventimiglia, gli sgomberi ai danni dei migranti fuori accoglienza e la militarizzazione dei luoghi di transito, sono il sintomo di una gestione perennemente emergenziale che riduce il fenomeno migratorio ad una mera questione di ordine pubblico. Ho firmato la petizione perché non voglio vivere in un paese che considera la solidarietà un reato, nel disprezzo totale di quanto sancito dall’articolo 2 della Costituzione: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.

Su una popolazione mondiale di 7 miliardi, 65 milioni di donne, uomini, bambini, bambine non possono vivere nella propria casa e ogni giorno, altre migliaia di persone sono costrette a fuggire, in cerca di un luogo per vivere degnamente. Dei 65 milioni di rifugiati riconosciuti, solo un milione vive in Europa (in Italia, secondo dati del Ministero dell’Interno, nel 2015 le richieste d’asilo sono state in tutto 83.970).

Dare diritti a tutte e tutti costerebbe certamente meno che sostenere il sistema militare-industriale. L’Unione Europea continua a incrementare le esportazioni di armi e sistemi militari e il Consiglio Ue non agisce un controllo democratico. Infatti nel 2014 la principale zona geopolitica di esportazione per la Ue è stata il Medio Oriente (oltre 31,5 miliardi di licenze). Questo vuol dire che la Ue sta vendendo grandi quantità di armi nella zona del mondo col maggior numero di conflitti e regimi autoritari. L’Italia è al quarto posto fra i paesi esportatori. Nel 2015 si è registrato il clamoroso incremento del 186% rispetto al 2014.

Questo è il momento per noi cittadine e cittadine del mondo di appellarci ai governi affinché lavorino insieme e facciano la loro parte per chi è costretto a lasciare la propria casa. Per far questo, l’unhcr ha lanciato la petizione #WithRefugees che verrà presentata all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite al Quartier Generale dell’Onu a New York il 19 Settembre 2016. [Celeste Grossi, Paco-Sel]

 

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