Severino Proserpio con Leu ma per Gori

Severino Proserpio, dal Senegal dove svolge con I bambini di Ornella la sua infaticabile azione a sostegno dei Diritti umani della bambine e dei bambini, risponde alla lettera aperta di Emilio Russo confermando le ragioni della sua scelta elettorale per Liberi e Uguali e le ragioni della sua scelta di sostenere Gori con il voto disgiunto.

«Caro Emilio, mi ha sorpreso la tua “lettera aperta”, modalità che dovrebbe essere riservata alla interlocuzione con i cosiddetti “opinion leader”. Nel mio caso mi pare francamente eccessiva. Ciò mi induce a usare la stessa modalità nella risposta, consapevole della mia inadeguatezza dovuta alla mia cultura scolastica, poco più che elementare (mio padre mi spedì a lavorare a quattordici anni) per cui chiedo un po’ di tolleranza per i miei strafalcioni lessicali (per i miei post ho il sostegno di Gianfranco Giudice che garbatamente e privatamente me li sottolinea e li correggo in tempo reale).

Voglio chiarire innanzitutto che la decisione di utilizzare metà del mensile della mia pensione per venire in Italia a votare è indotto da una strampalata Legge sul diritto di voto degli Italiani residenti all’estero, che limita questo diritto alle elezioni parlamentari ed ai referendum, negandolo per le amministrative. Il motivo per cui le  Regionali e le Europee sono considerate tali, mi è oscuro.

Per le elezioni parlamentari la mia Circoscrizione di riferimento comprende, Africa, Asia e Oceania (cosetta da poco) e nel 2013 avevo a disposizione la scelta tra: PdL, PD e M5S ed il candidato proposto più prossimo era di Sidney. Credo che la stessa situazione si proporrà il 4 marzo con una aggravante rispetto al 2013, quando la lista Pd comprendeva candidati del Sel e Socialisti, condizioni venute meno. Quindi mi sono trovato ad ipotizzare per la prima volta in vita mia drammaticamente, l’astensione o la scheda bianca, escludendo ovviamente un voto alla destra, un voto ad un partito che, un giorno sì e l’altro pure, offende la mia dignità, collocandomi nella “accozzaglia del No” e ad un partito il cui comportamento si è rivelato determinante nell’affossamento della ius soli.

Voterò Liberi Eguali, conservando un comportamento da osservatore critico. Sono da sempre contrario alla valorizzazione leaderistica della politica (considero un errore l’inserimento del riferimento a Pietro Grasso nel simbolo), sostengo con convinzione le ragioni di una democrazia rappresentativa, che esclude premi di maggioranza e altri strumenti di ingegneria istituzionale che garantiscano la cosiddetta governabilità. Chi governa, per operare bene, deve conquistarsi il suo 50+1% e sentirsi il fiato sul collo quotidianamente. Essere di sinistra, per quanto mi riguarda, non corrisponde ad una collocazione geografica, la parola “sinistra” è un’espressione del sociale prima che del politico e dal sociale occorre ripartire, dalle contraddizioni che ancora attendono di essere esplorate, organizzate e rappresentate. La sinistra è questo lavoro di scavo nel sociale. Un sociale ulteriormente frammentato rispetto alla vecchia suddivisione in classi a partire dalla propensione marginale al consumo, soprattutto in un paese di vecchietti quale è l’Italia, dove i modelli di consumo si sono radicalmente modificati.

Alla mia età, il mio rapporto con il bene auto è cambiato e il modellino fatto bene da Marchionne, anche con l’incentivo della rottamazione, non mi interessa né mi attira l’offerta di altri beni strumentali con la durata preventivamente programmata. Ritengo che con una cosiddetta ripresa basata sul potenziamento dei mezzi di produzione anziché su un ripensamento a cosa produrre, si faranno solo due metri di strada fino al ciglio del baratro. Le stesse misure offerte dal mercato della politica a sostegno delle famiglie si rivelano utili a chiappare qualche voto, ma assorbite in breve tempo.

È essenziale quindi che  il progetto di una forza politica di sinistra abbia come centralità il lavoro, le misure che incentivano i rapporti di lavoro a tempo indeterminato e disincentivano quelli precari soprattutto per i giovani. L’invecchiamento della popolazione italiana non è irreversibile, non in ragione di una ripresa sensibile delle natalità, ma grazie allo sviluppo di una società multiculturale, certamente problematica, che può piacere o meno, ma è inevitabile. E non ci saranno misure di contrasto che l’arresteranno. Non sta più nelle nostre scelte. Noi possiamo solo scegliere se alimentare una cultura della paura e del rancore affrontando i conflitti conseguenti o passare ad una cultura della cura considerando l’immigrazione non un fenomeno ma  un elemento strutturale della nostra società. Un cura particolare è da dedicare soprattutto alle seconde generazioni ed a quelle successive. Non è scontato affatto che questi giovani, siano risorse future per il nostro Paese, dipenderà molti da noi. Un giovane, che sia nato in Italia o meno, che si forma nelle nostre scuole non potrà accettare di subire le discriminazioni dei padri. Quindi centralità del lavoro della sua dignità, ripristinando l’art.18 (in toto) e lotta al precariato per i giovani che riguarda tutti senza distinzioni.

Veniamo alle elezioni lombarde che hanno motivato la tua “lettera aperta” (io poi mi sono un po’ perso per strada).

Dico subito che ho seguito solo in parte il dibattito svolto a Cinisello (le connessioni qui sono quelle che sono), volevo capire le motivazioni di chi ha proposto di non sostenere Gori, Fratoianni in particolare, e le considero tutt’altro che banali, in buona parte condivisibili da parte mia. Ho potuto seguire soprattutto molte obiezioni al sostegno di Gori, fuoriluogo, sui quali dico la mia. “Gori è stato un uomo di Mediaset”. Gori è stato eletto Sindaco con il sostegno di Sel, ed era un uomo di Mediaset. “Gori ha sostenuto il SI al Referendum Costituzionale. Pietro Grasso ha sostenuto il SI al Referendum Costituzionale. “Mai con il Pd”. Qui spendo una mia riflessione in più. Io non ho mai militato e non voto per questo partito, ma non auspico il suo declino in quanto lo considero una componente importante rappresentativa di orientamenti presenti nella società che non potranno essere esclusi nella costruzione di un necessario compromesso sociale. Quale sarà l’esito di questa tornata elettorale, il problema delle alleanze, riguarderà tutti compreso il M5s e non possiamo abbattere i ponti su cui tutti dovremo passare. Diversa è la riflessione sulla responsabilità di questo mancato accordo. La  risposta a chi si è chiesto: “Perché nel Lazio sì mentre in Lombardia no?”, delinea a mio giudizio il livello delle responsabilità. Nel Lazio si tratta di riconfermare Zingaretti, la cui esperienza di governo della regione è valutabile e mi sembra congrua la richiesta di sostenerlo. In Lombardia la scelta del candidato da proporre doveva essere concordato, a prescindere dalla rinuncia o meno di Maroni.

Qualche anno fa, incontrai a Villa Guardia il mio carissimo amico, Fausto Bertinotti (nel cui Partito non ho mai militato), gli sottolineai l’errore compiuto provocando la caduta del Governo Prodi, riconoscendo però le sue sacrosante ragioni di merito, gli dissi: “Vedi Fausto, erano le ragioni di quel contesto storico a sconsigliare quella scelta, perché a volte una azione di sinistra può determinare soluzioni di destra”. Questa è la motivazione della mia scelta.

Mi hanno informato della opportunità di utilizzare la modalità del voto disgiunto, cosa che farò, anche se potrò esprimere due preferenze di diverso sesso, mentre io volevo votare due donne. Me la caverò.

Un abbraccio

Seve»

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