
Uds/ Rientro sicuro e per tutti e tutte
In una vigilia di Natale anomala per via del covid, l’attenzione politica comasca si sposta verso le riaperture di gennaio. In particolare, Uds Como invierà, alle 16, una lettera aperta a prefetto, Provincia e Comuni di Como, Cantù ed Erba per discutere il rientro a scuola del 7 gennaio; un momento quanto mai delicato per la sanità provinciale.
Le e gli studenti dell’Uds, a livello regionale quanto locale, nelle ultime settimane hanno cercato di monitorare una situazione scolastica che, tra aperture affrettate e chiusure precipitose, non si può che definire caotica. Il principale documento prodotto in questo senso è l’inchiesta diffusa circa un mese fa, a cui nel territorio comasco hanno risposto 1500 studenti e studentesse.
Nella lettera aperta alle istituzioni comasche, Uds Como chiede di partecipare al tavolo di coordinamento del rientro a scuola. L’obbiettivo principale è evitare la confusione del tentativo di riapertura di settembre.
Le studentesse e gli studenti dunque propongono che i trasporti vengano potenziati affinché, mantenendo la capienza al 50%, tutti e tutte possano raggiungere la propria scuola; chiedono poi che si riutilizzino spazi al momento chiusi (biblioteche, musei, edifici inutilizzati) per garantire le lezioni in presenza a tutti e che la dad venga usata come strumento di emergenza.
Nel comunicato che ha preceduto in giornata la diffusione della lettera, Brunhilde Paleari portavoce di Usd, sottolinea come la scuola è stata finora accantonata e gli studenti e le studentesse ignorati.
La poca lungimiranza nel periodo tra settembre e dicembre fa presagire che a gennaio si verificheranno gli stessi problemi di inizio anno. Chiara Vendola (Uds Como) fa notare come la richiesta non sia quella di tornare in classe e basta, ma di riavviare le lezioni in presenza e in sicurezza per quante più persone possibili.
Queste dunque le istanze di Uds Como, che però rischiano di passare del tutto inascoltate ai destinatari della lettera.
Sembra improbabile, almeno per quel che riguarda il capoluogo di provincia, che si facciano investimenti per rendere più sicura le linee di trasporti. Un problema non secondario è che la stragrande maggioranza delle aziende che gestiscono gli spostamenti di persone in provincia hanno una forte componente privata (una su tutte, Asf autolinee). Senza un loro coinvolgimento è difficile pensare ad un miglioramento nel numero delle corse e nell’abbassamento delle tariffe.
Per quanto riguarda il rientro in sé, la questione è ancora più complessa perché entra nel merito della cronaca della pandemia. L’opinione pubblica è divisa sul fatto che la scuola sia focolaio. I contagi tra gli studenti e le studentesse, al 31 ottobre, secondo i dati forniti a Wired dal Ministero sono 686 tra elementari e medie e 237 nelle scuole superiori.
Non sono numeri grossi, ma chi sostiene che le scuole debbano stare chiuse sottolinea il rischio di contagi tra i parenti di chi va in presenza: secondo questa visione, se l’obbiettivo è quello di minimizzare i danni, ha senso che non si riapra.
Le aperture per fini di consumo e il decreto Natale, a dir poco discutibile, fanno però pensare che la distinzione si faccia in termini non sanitari, ma economici. Non si può negare che nei dieci giorni di libertà tra 13 e 23 dicembre siano scese in strada folle di consumatori e consumatrici.
Alla luce della nuova stretta delle istituzioni, che hanno chiesto di far rientrare in presenza il 50% dei e delle studenti anziché il 75%, non si può negare un fatto, al di là delle opinioni: la scuola è la più danneggiata dalla malagestione della pandemia. [Pietro Caresana, ecoinformazioni]