L’altra Cernobbio/ Economia, persone, pianeta

Il quarto momento de L’altra Cernobbio ha avuto come fulcro analitico la triade economia-persone-pianeta. Per parlare di questo tema tanto attuale quanto gravoso sono intervenute Mariagrazia Midulla, responsabile clima ed energia di Wwf (da remoto), Giorgio Airaudo, segretario generale Cgil Piemonte, Martina Comparelli di Fridays for future, Stefano Malorgio, segretario generale della Filt-Cgil, Giuseppe Onufrio, direttore generale di Greenpeace (da remoto) e Andrea Poggio, responsabile mobilità di Legambiente.

Analisi, partecipazione e mobilitazione erano le tre parole chiave di chiusura del precedente blocco di interventi, nelle parole di Ludovico Ottolina di Unione degli Studenti. Stefano Martinelli, presidente dell’Isola che c’è, e Marcello Mariuzzo dell’associazione Lunaria hanno traghettato nel segno di queste tre parole dalla sessione su persone e diritti a quella dedicata all’ambiente.
Un argomento pressante dato che la situazione climatica degli ultimi anni si sta presentando in tutta la sua drammaticità: il surriscaldamento globale interroga la società civile su come cercare di evitare l’estinzione, conciliando la propria vita con la sopravvivenza del pianeta che ci ospita.

Uno degli aspetti pratici più immediati nell’analisi del rapporto tra economia, persone ed ambiente è quello della mobilità, tema introdotto da Poggio, che ha sottolineato come la miopia delle case di produzione automobilistica ha portato ad una sorta di crisi di sovrapproduzione. Diminuiscono le persone che possono permettersi un’auto (peraltro troppo raramente elettrica), ma la produzione non cessa e fa troppa fatica ad abbandonare la combustione interna. Si guida meno e si guidano soprattutto veicoli usati e vetusti: i danni ambientali sono chiari, ma anche quelli sociali, dato che aumentano le limitazioni alla libertà di movimento dei cittadini.
D’altro canto, l’immobilità privata non si compensa con il trasporto pubblico; ci sono difficoltà in questo senso in un paese mediamente lungimirante come la Germania, in Italia la situazione non può che essere critica. Una soluzione, troppo poco sviluppata in Italia, potrebbe sembrare il car sharing e la condivisione ragionata dei mezzi privati, ma bisogna lavorare ancora tanto per trovare alternative a basso impatto ambientale riguardo la mobilità.

Ambiente e persone vuol dire anche parlare di clima e lavoratori e lavoratrici. In Piemonte, il sindacato ha riflettuto sull’opportunità necessaria di creare un asse di militanza con gli ambientalisti. Il fatto che ciò accada a Torino è significativo data la presenza della Fiat, azienda in declino simbolo di un modello produttivo e di mobilità che non può funzionare più né sul piano della tutela dell’occupazione né sul versante climatico.
L’Italia si trova insomma in una condizione difficile ed ambigua, con poche alternative di trasporto pubbliche, serie difficoltà a organizzare una mobilità privata verde e una condizione precaria per quanto riguarda il futuro industriale nazionale.

Giorgio Airaudo interviene sui modelli alternativi di mobilità

Martina Comparelli, arrivata all’ultimo data l’inefficienza del trasporto pubblico brianzolo e comasco, ha preso parola proprio in questo senso, collegandosi alla campagna lanciata da Fridays for future su cinque punti: edilizia, acqua, energia, lavoro e, appunto, trasporti.
Fff sta lavorando perché il trasporto pubblico italiano venga reso efficiente e gratuito. Il Pnrr parla di trasporti in termini di lunghe tratte, mentre la maggior parte delle emissioni è dovuta al trasporto su gomma nel breve-medio periodo. Per far fronte a ciò, servono politiche ragionate di gratuità del trasporto almeno per pendolari e studenti, riduzione del trasporto privato, elettrificazione delle flotte di autobus ed altri mezzi pubblici. Sono molti gli esperimenti in Europa di gratuità e quasi gratuità del trasporto pubblico: Malta, Spagna, Germania ed Estonia stanno sperimentando in questo senso, con enorme risparmio di anidride carbonica. L’Italia, invece, non si sta muovendo affatto in questa direzione, nonostante non sia un problema di soldi che mancano allo stato, dati i sussidi elargiti alle compagnie fossili.
Ma non sono solo i trasporti pubblici, il problema. Bisogna infatti tematizzare anche la tolleranza della politica verso i consumi e l’inquinamento fuori da ogni logica che i lussi di pochi super ricchi comportano, con danni collettivi enormi. “La libertà di Briatore inizia dove finisce la mia”, ha chiosato Comparelli a nome di Fridays for future per rimarcare quest’ultimo punto.

Dalle questioni quotidiane di mobilità a quelle di medio-lungo periodo sulle sorti del pianeta, costruire un pensiero egemonico alternativo a quello liberista che si è imposto negli anni ’90 sembra essere una necessità. In questo senso, ha sottolineato Malorgio, non si possono slegare politica, società ed agenda di sostenibilità, e bisogna accettare che il cambio di paradigma non si può pretendere senza spese politiche e senza organizzazione dal basso.

In parziale contraddizione con Comparelli, Malorgio ha sottolineato l’importanza di agire anche sulle infrastrutture anche di lunga percorrenza, snodi di mobilità in città come Milano, ma ha anche concordato con l’attivista affermando che effettivamente senza una voce di spesa “trasporto pubblico” indicizzata non si può pensare di risolvere i problemi di spostamento delle persone. Bisogna fare due battaglie allora: una sulle tariffe, una sulla messa in agenda delle politiche sul trasporto pubblico, che va esteso anche alle fasce di popolazione più ricche, in modo che diventi un settore centrale.
Per la sostenibilità, però (e questo è un punto che fino all’intervento del segretario Filt-Cgil non era emerso), bisogna anche rendere sostenibile il trasporto di merci, un ambito relativamente scoperto ma che rende profitti enormi alla classe padronale a costi ambientali altissimi.

Gli ultimi due interventi del quarto momento di L’altra Cernobbio sono stati quelli di Mariagrazia Midulla e Giuseppe Onufrio.
Midulla ha proposto una riflessione sulle condizioni di benessere nella società contemporanea, in cui si parla di economia e società dimenticando troppo spesso gli interessi ambientali. Una prassi smentita dai disastri climatici degli ultimi anni, soprattutto del 2022. Non si può pensare la salute senza riconciliare questi tre poli (economico, sociale, ambientale), che l’economia liberista ha portato a separarsi fino ad arrivare ad una situazione per cui sembra impossibile salvarle tutte e tre, costringendosi ad immaginare che la salvaguardia di due di loro comporti l’abbandono del terzo. La transizione ecologica, per come sta venendo messa in atto, sembra troppo poco; serve una spinta ecologista che parta dal basso, dal movimento studentesco, da lavoratori e lavoratrici, dal terzo settore, che porti attraverso proposte condivise e ragionate ad un’azione politica concreta in senso realmente ambientalista.

Onufrio, in chiusura, ha portato al centro del dibattito un ulteriore elemento: lo stato di guerra che sta interessando il mondo Occidentale, conflitto che ha ripercussioni ambientali serissime, soprattutto perché sta costringendo a misure emergenziali, in ambito energetico, di fatto opposte a quelle che una seppur morbida transizione ecologica comporterebbe. Gli Accordi di Parigi, garanzia internazionale alla pace climatica (intesa come evitare la guerra armata per spartirsi le risorse energetiche esistenti e collaborazione per trovarne di alternative), sono in crisi alla luce della situazione geopolitica.
L’Italia è imprigionata, in qualche modo, dall’Eni, che ha una potenza tale da far saltare attraverso la mediazione ministeriale di Cingolani le proposte ambientaliste più radicali. Una resistenza di un sistema vecchio e condannato al fallimento che sta rallentando la transizione segnando un destino sociale di diseguaglianze crescenti.

Come sempre, il quadro dei discorsi sul clima è complesso e grave. I problemi sono tanti, forse troppi, sia sul piano micro che macro, le soluzioni poche e tardive, il tempo ancora meno. La pressione della società civile dal basso serve, ma senza una reale volontà politica di ricerca, sviluppo delle competenze ed azioni transizionali il percorso per un futuro ecologico e di pace sociale è difficile se non proibitivo. [Pietro Caresana, ecoinformazioni]




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