
L’altra Cernobbio/ Per un’economia “al di qua” della società
Dall’oratorio di Cernobbio, in via cinque giornate 8, il secondo polo tematico de L’altra Cernobbio, svoltasi il 3 settembre, è stato introdotto da Massimo Cortesi, presidente dell’Arci. Date le tempistiche strette per lo svolgimento dei lavori, l’argomento è stato focalizzato immediatamente: le disuguaglianze sociali che derivano da un approccio economico liberista e lontano dalle esigenze delle persone.
Il primo intervento è stato quello di Anna Maria Grazia Variato, docente della facoltà di economia all’Università di Bergamo, che ha avanzato la tesi, solo apparentemente scomoda dato il contesto, per cui l’equa tassazione non è la chiave di volta della giustizia sociale. Certo l’Italia è diseguale, ma per poter agire efficacemente questo aggettivo va misurato e definito: bisogna infatti studiare la povertà, le disuguaglianze e le misure di contrasto che il fisco può adottare per migliorare le condizioni di vita. La risposta arriva prima della spiegazione, nelle parole della docente: tassare i ricchi non basta, serve uno sguardo più profondo rispetto a quello orientato dalle necessità impellenti.
La realtà ci propone un mondo del lavoro permeato di iniquità non solo nel suo corso di svolgimento, ma anche in aspetti di secondo piano come le possibilità di accesso alle informazioni e di ricerca dello stesso, per fare due esempi. La distribuzione occupazionale e delle ricchezze conseguenti non può che derivare da questa dimensione, portando ad una struttura redistributiva per cui dati un picco estremamente povero ed uno estremamente ricco, si ha un centro (40% di popolazione) che effettivamente prende in proporzione a ciò che produce. Il problema della ricchezza globale, insomma, non è mediano, ma riguarda gli estremi della società. Usando una metafora biologica, si può dire che la distribuzione del reddito è l’anticamera dello strappo sociale: un’eccessiva polarizzazione porta alla distruzione dell’organismo.

Il fisco, in tutto ciò, ha le mani relativamente legate: credere ciecamente in esso significa sposare una teoria economica che non guarda all’allocazione come problema, ma pensa di usare strutture che, dall’interno di un sistema sbagliato a monte, possano arginarne i problemi.
Disuguaglianza e povertà sono un dato consolidato nella storia, che insegna che in qualunque piramide sociale tanti producono e pochi ne traggono i benefici. La domanda che la società contemporanea deve porsi, come molte volte l’umanità ha dovuto fare, è se uno tale schema verticistico e di sfruttamento è accettabile oppure no. La campagna Tax the rich, lanciata nel congresso alternativo all’Ambrosetti, manifesta una tendenza ad accontentarsi, a lavorare a margine per uscire al fondo. Secondo Variato, invece, bisogna guardare al massimo di ciò che si può aspirare per ottenere un cambiamento reale e sistemico.
Dopo l’ispirato intervento della professoressa-economista, è intervenuto Roberto Barbieri, direttore generale di Oxfam, testimone sul campo della tendenza globale alla povertà, figlia di privatizzazione, deregolamentazione, accentramento monopolistico della ricchezze e perdita del potere del lavoro rispetto al capitale. Si registra una crescita complessiva ma, paradossi del capitalismo avanzato, l’incremento del benessere è solo a vantaggio di una parte privilegiata del mondo; eventi come la pandemia e la guerra non fanno che incidere in modo forse meno istantaneo, ma più pesante che in Occidente, su condizione di vita che si possono definire senza mezzi termini come misere.
Barbieri si è detto d’accordo con la relatrice precedente riguardo l’insufficienza della prospettiva fiscale, in favore di una critica pre-distributiva, e con questa premessa ha preso avvio l’analisi della proposta di Sbilanciamoci!.
La riforma fiscale è stata fallimentare e la promessa della destra di favorire le partite iva sembra essere di fatto contraria alla direzione dell’uguaglianza. Per quanto riguarda l’aspetto patrimoniale, da cui deriva la capacità contributiva, si registra una regressività sul piano fiscale, dato che le tasse colpiscono più il reddito che ciò che si possiede a monte. Bisogna rivedere questo aspetto, ridiscutere l’Isee ed il sistema catastale. La campagna Tax the rich mette poi nel mirino gli extra-profitti, la cui tassazione è fondamentale soprattutto in un momento di crisi come quello attuale, così come il contrasto all’evasione, pilastro di qualunque politica fiscale che voglia essere incisiva. Attualmente, in Italia mancano 100 miliardi persi non pagati in tasse.
I punti sono tanti, il sistema ed il presente sono avversi; Barbieri ha allora chiamato a fare massa critica per sviluppare un disegno alternativo che si faccia pratico oltre che teorico.

Ultimo intervento è stato quello di Andrea Morniroli, coordinatore del Forum diseguaglianze e diversità, che ha subito tracciato una linea netta tra il “di là” del forum Ambrosetti, dei “gocciolatori” liberisti e dei promotori del lavoro diseguale e della privatizzazione, ed il “di qua” dell’aspirazione a politiche sociali e lavorative sostenibili per le persone e l’ambiente.
Il lavoro non deve essere un dono, come per troppe persone è ormai diventato: bisogna modificare il senso comune e scardinare l’idea che la precarietà sia normale, che la povertà sia una colpa, una condizione a cui si arriva in parte volontariamente. È questa mentalità che, a volte anche da sinistra, giustifica l’abbandono degli “ultimi per etichetta”: tossici, zingare, migranti, sex workers che sono marginalizzati per quello che sono come se la loro stessa esistenza li rendesse meritori di povertà e miseria.
La pandemia ha accentuato queste dinamiche, addensando ed evidenziando una normalità problematica a cui si può fare ritorno o che si può decidere di evitare. Qualcuno vuole svoltare in senso autoritario (e le elezioni del 25 settembre saranno decisive in questo senso), ma si può anche cercare di cambiare la società per evitare una deriva che nasce anche dall’incapacità sindacale e di sinistra di rappresentare il proprio potenziale elettorato. Ancora, torna il tema del lavoro.
Tassare i ricchi, certo, e colpire gli evasori fiscali, ma è stato nuovamente ribadita la necessità di radicalizzare la politica in un contesto anche elettorale in cui, citando una vignetta di Vauro, il meno peggio stavolta non si candida.

Infine, Morniroli ha parlato al terzo settore del terzo settore.
Dal palco de L’altra Cernobbio è stato sottolineato come il Pnrr sia stato discusso senza parti sociali, colpevoli di aver delegato troppo le proprie lotte, di essersi invischiate troppo nei micro-interessi di ceti politici ristretti e, soprattutto, di aver stretto poche reti e comunque troppo lasse, troppo poco aperte e barricate nei propri interessi. Se non ci si riconosce come interlocutore necessario è impossibile valorizzare le differenze ma, soprattutto, rendersi talmente competenti su pochi punti specifici da poter costringere la politica a muoversi in questo senso.
Già intervenuto ad eQua a Bergamo, Morniroli ha chiuso, come ad aprile, invitando alla capacità di guardare il mondo con occhi critici nuovi. [Pietro Caresana, ecoinformazioni]