
Il Vortice/ Mettere ordine al caos raccontando vite e contesti
La prima serata del Festival di Iconografie si è aperta con Jake Hanrahan, giornalista e fondatore del progetto Popular Front, piattaforma media che ha rivoluzionato il modo di seguire i conflitti. Insieme a lui Eugenio Cau, giornalista de Il Post e autore del podcast Globo che racconta la politica internazionale con un’intervista a settimana. A moderare l’incontro Lucrezia Goldin, giornalista di China Files. Obiettivo: districarsi nel caos della post-verità attraverso il giornalismo e le nuove frontiere dell’informazione.
Dopo La Soglia, l’edizione del festival dello scorso anno che ha cercato di rispondere ai dilemmi di una condizione di interregno tra il vecchio che muore e il nuovo che non riesce a nascere, il tema della terza edizione del festival di Iconografie verte su ciò che forse ora abbiamo trovato oltre quella soglia: un vortice di crisi che si rincorrono senza soluzione di continuità.
Lucrezia Goldin, giornalista di China Files ha moderato il confronto tra il modo di fare giornalismo di Jake Hanrahan, immerso tra le persone che i conflitti e le crisi le vivono, e quello di Eugenio Cau, che con il Post prova a spiegare storicamente i fenomeni e il loro contesto. Il primo atto si è aperto con l’obiettivo di capire come si può raccontare il vortice.
Iniziato come podcast, Popular Front è, come scrive Rolling Stone, volutamente provocatorio, ma anche accessibile e anti-elitario. Ricerca la sostanza, ma senza dimenticare la forma e l’estetica. Racconta i conflitti tenendo conto delle storie delle persone, con un approccio sul campo e immerso nel contesto che viene raccontato. «Non vogliamo trattare lo spettatore come un bambino. Ma mostrare il mondo per come è», afferma Hanrahan con il suo accento inglese delle East Midlands. Eugenio Cau ha portato invece la prospettiva del Post, quella di mettere ordine al caos con oggettività. Un lavoro che potrebbe essere definito complementare a quello di Popular Front: raccontare il fenomeno a partire dal contesto.
Due realtà a confronto che usano anche il podcast come mezzo per raccontare una storia, strumento utile nella presa diretta di quello che vivono le persone all’interno dei conflitti. O anche per raccogliere, come nel caso di Cau, le voci di persone autorevoli e affidabili.
Nell’incontro più volte è stata sottolineata l’importanza di lavorare collaborando con le persone e con altri giornalisti, non in competizione. Ponendosi sempre di fronte a chi vive davvero le situazioni che vengono raccontate. Così da destreggiarsi dentro ai social media della post-verità che hanno generato il caos. Ma come orientarsi efficacemente nell’infocrazia? «Non c’è una formula magica. Tante volte ci troviamo intrappolati anche noi giornalisti», dice Euguo Cau, «serve l’autorevolezza, che oggi non ti arriva dall’essere Repubblica o il Washington Post, ma dal tuo lavoro e dal rapporto con i lettori».
E serve anche fare interessare le persone alle storie, a prescindere dalla sovraesposizione di certi temi. Un esempio è la guerra in Ucraina, che Popular Front ha raccontato anche dal punto di vista degli Hooligans anarchici ucraini che combattono contro la Russia, andando oltre il conteggio dei morti e trovando la storia nella storia per restituire un pezzo di complessità. E come trovare contenuti se non si è in una posizione di privilegio? Secondo Hanrahan serve essere creativi. Andando oltre gli schemi e trovando modalità nuove di rottura dello status quo mediatico, che facciano pesare meno il privilegio, presente anche nel mondo del giornalismo, ma senza pregiudizi politici.
Le parole d’ordine sono state curiosità, collaborazione, etica e dignità per un giornalismo che è anche questione di coscienza. Uno strumento per ascoltare per capire se una storia può, oltre che informare, aiutare le persone che vengono raccontare. La prima serata de Il Vortice è in definitiva una lezione a 360° su quelle che sono le funzioni, le disfunzioni, i limiti ma anche l’importanza della missione di informare e raccontare storie nella ricerca di parti di verità. Un confronto tra due modalità di svolgere un servizio pubblico, alla ricerca della sintesi tra la necessità di mettere in fila i fatti, dando contesto, e raccontare lo il caos così come si presenta.
Eugenio Cau e Jake Hanrahan, moderati magistralmente con traduzione simultanea italiano-inglese e inglese-italiano da Lucrezia Goldin, hanno offerto prospettive diverse di un lavoro che oggi è necessario svolgere, con etica e autorevolezza, dalla parte delle persone che per i rapporti di forza attuali sono più fragili. Sia nei luoghi dove è più semplice – ovvero in contesti con maggiore libertà d’espressione – sia nei paesi dove le libertà sono limitate o sono teatro di conflitti. Almeno per provare a dissipare le nebbie generate dalle guerre e dalle crisi si rincorrono nel presente. [Daniele Molteni, ecoinformazioni]