Il miserabile naufragio della Lega non deve illuderci. Il suo elettorato è infatti da una parte immobilizzato nel cerchio magico della mistica pseudopadana (i militanti, soprattutto), dall’altra incarna una componente antimoderna e ultra-tradizionalista fisiologica nelle società europee. Nel caso italiano, però, questa componente non produce politica in senso proprio, è invece tristemente e mediocremente ripiegata sui propri interessi materiali e chiusa nelle proprie paure. Un mondo al quale il tema della legalità repubblicana appare privo di significato. Tutti ricordiamo che l’illegalità – sotto l’aspetto della rivolta fiscale, dell’evasione fiscale, del disprezzo della forma e della sostanza della Costituzione repubblicana, della xenofobia, del razzismo – è alla base della fondazione stessa del partito di Bossi. Come tanti cittadini onesti abbiano potuto, in tutti questi anni, rifiutarsi di vedere il marcio che si celava dietro quella mistica del capo, quel compiacimento dell’ignoranza, quell’elogio sguaiato dell’egoismo sociale, quella violenza verbale, resta un mistero.

Ora è tutto più chiaro, e questo è certamente un bene.

Ma, almeno per il momento, i media diffondono un’interpretazione, a suo modo – ancora – giustificazionista. La Lega non ha fatto altro che distrarre ad usi personali denaro pubblico, come tutti. E le sofferenze, talora fino alla morte, determinate nella popolazione migrante da leggi che la Lega ha imposto? E l’anticultura civica che la Lega ha seminato? E il danno economico di un modello economico medievale? E le scalate al potere delle banche? E i rapporti amichevoli con i fascisti di mezza Europa? E l’indecente irrisione delle donne, degli omosessuali, delle minoranze etniche, dei laici? E la discordia inoculata nella comunità nazionale? E il contributo decisivo alla tragicommedia di Arcore?

Troppo comodo, anche per i leghisti comaschi, fare finta di niente. E ridicolo il tentativo di far passare l’idea che esista un ceto di “buoni amministratori” leghisti. Ma che cos’è la buona amministrazione? Più razzismo e più parcheggi? Più cemento e meno solidarietà? Comunità incanaglite e balilla padani? Come sapete il nostro giornale guarda con speranza alla possibilità che il centrosinistra prevalga alle imminenti elezioni comunali. Ma ci facciamo portavoce di un appello, anzi di una supplica: non si ceda neppure al secondo turno all’ipotesi di accordi con la Lega (più o meno espliciti come già accaduto altrove) con la sola giustificazione di vincere. Non è bello vincere con gente così, sarebbe una vittoria perdente.

Non abbiamo dubbi d’altra parte che Mario Lucini, per storia, per cultura, per umanità, sia totalmente incompatibile con ipotesi del genere, così come le forze politiche e la “società civile” della coalizione che lo sostiene. E ci conforta sapere che in molte liste a presidiare la cultura dei diritti, della partecipazione, della legalità contro le mafie (anche “padane”), ci siano esponenti dell’Arci, a partire dal presidente Enzo D’Antuono (candidato nella lista del sindaco Mario Lucini), membri del direttivo provinciale, come Celeste Grossi (Paco-Sel, Mario Lucini sindaco), Danilo Lillia (Amo la mia città, Mario Lucini sindaco), Jlenia Luraschi (Sinistra per Como, Donato Supino sindaco), il presidente di Arci Noerus Raffaele Faggiano (Sinistra per Como, Donato Supino sindaco). [Andrea Rosso, Gianpaolo Rosso, ecoinformazioni, editoriale del numero 415]

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