Cooperazione internazionale

Un pomeriggio di studi organizzato dal Coordinamento comasco per la Pace

 Una cinquantina di persone ha partecipato all’ultimo appuntamento dell’annuale convegno del Coordinamento comasco per la Pace dai missionari saveriani a Tavernerio, nel pomeriggio di domenica 25 novembre. Un luogo scelto appositamente per parlare di cooperazione internazionale e vederne lo spaccato comasco, un tema caro al Coordinamento come ricordato nell’introduzione dal direttore della rete pacifista comasca Mauro Oricchio. Una lunga tavola rotonda moderata da Michele Luppi de Il Settimanale della Diocesi di Como dal titolo Al di là dei confini.

Un incontro per valutare lo “stato dell’arte”, ma soprattutto interrogarsi sul senso della cooperazione internazionale e dei suoi sviluppi.

«La cooperazione internazionale ha visto un taglio del 70 per cento – ha dichiarato Veronica Vittani, Settore relazioni internazionali – Comune di Como – mentre un ente locale come il Comune di Como ha visto ridurre del 15 per cento i propri fondi, in un contesto in cui l’Italia destina allo sviluppo internazionale lo 0,13 per cento del proprio Pil». «Non ci sono stati sostanzialmente tagli ai servizi, ma alla cooperazione sì» ha detto la responsabile del capoluogo lariano che ha poi ricordato i progetti in corso, come Assaggi di mondo e Gemini, giunto alla settima edizione nelle scuole primarie e secondarie, sottolineando la centralità del «Comune, che è l’intermediario immediato tra le comunità del Nord e del Sud del mondo».

Per questo l’Amministrazione dovrebbe assumersi l’incarico di coordinare e sostenere quanto proposto dall’associazionismo del territorio per lo sviluppo dei paesi definiti come sottosviluppati.

Un problema quello delle definizioni posto in risalto da Italo Nessi, Tavolo Epta (Associazione medici con l’Africa Como, Aspem, Ovci La nostra Famiglia, Il sole, Avc-Csv, Garabombo, Coordinamento Comasco per la Pace), che si è chiesto quale tipo di crescita si voglia esportare in altre realtà: «Cosa vuol dire sviluppo? Se altri rifanno il nostro percorso e noi abbiamo preso una strada distorta?». Il medico comasco ha quindi ricordato alcune delle grandi modificazioni intercorse negli ultimi 30 anni, l’ingresso sulla scende delle grandi fondazioni, la fuga dei cervelli dall’Africa, «dopo un accordo con i Regno unito ogni anno 53 infermiere ugandesi lasciano il loro paese», i grandi fenomeni migratori, l’affermarsi dell’egemonia di Stati uniti e Cina, dopo la scomparsa dell’Unione sovietica, la scarsità delle risorse indirizzate verso o sviluppo dei paesi poveri.

Una discussione senza infingimenti corroborata dall’intervento di don Giusto Della Valle, Centro missionario diocesano, per più di dieci anni missionario nel Nord del Camerun che ha ripreso le parole di Paolo VI per «uno sviluppo di tutto l’uomo e di tutti gli uomini», e rilevato come noi europei avremmo da imparare su temi come l’accoglienza dall’Africa. Mentre su altri temi, come la corruzione e il senso del bene comune, c’è da fare un gran lavoro: «Magari alcuni che hanno ruoli importanti nell’amministrazione fanno la donazione la domenica, ma poi non hanno atteggiamenti conseguenti nello svolgimento delle proprie mansioni».

Da una prima fase di confronto con il pubblico è uscita la questione del futuro della cooperazione internazionale e come la si intenda, perché chi è stato al recente Forum della cooperazione di Milano ha tratto la sensazione del passaggio quasi ad una forma di investimento da cui ci si aspetta un ritorno economico.

«Quel Forum è stato caratterizzato da luci e tante ombre» ha dichiarato Gianfranco Cattai, presidente Associazioni Ong italiane e presidente della Federazione organismi cristiani servizio internazionale volontario (Focsiv), che pensando al futuro della cooperazione ha posto il problema della mancanza di capacità inventiva già qui prima ancora di pensare a fare qualcosa altrove. «I giovani non si sposano perché non hanno i soldi – ha spiegato – ma io mi sono sposato con l’aiuto di amici, con un’idea che c’è in altre culture di condividere il denaro e metterlo a frutto all’interno della comunità per aiutare prima uno poi l’altro». Ma tornando alla cooperazione: «Ci stiamo occupando di creare una rete commerciale? Quanti posti di lavoro abbiamo creato? Chi va a speculare?». Domande che mettono in rilievo l’aspetto economico, rilevato anche da alcuni dei partecipanti impegnati nel volontariato, per creare un reale sviluppo che non sia solo assistenza nei paesi in cui si opera. Un problema che si sta accentuando con la stretta economica che coinvolge l’intero comparto: «Si fanno sempre più strada gli organismi di filantropia, che sono i più attrezzati». Infatti è significativo per Cattai che proprio al Forum che voleva segnare la chiamata a raccolta di tutti gli interessati abbiano partecipato solo un migliaio di persone. [Michele Donegana – ecoinformazioni]

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