Regina Teodolinda/ I camerieri non servono più

campo-governativo-cimiteroC’è un limite anche all’abnegazione di chi sceglie di definirsi “cameriere del sorriso” e alla fine non resta che andarsene quando le condizioni sono contrarie al fine stesso per cui si fa volontariato. In tantissimi/ e vanno via dal Campo e lo scrivono in un documento denuncia che pubblichiamo interamente perché la voglia di essere al servizio  confligge con le loro profonde convinzioni etiche e con il desiderio di essere d’aiuto al riconoscimento di diritti umani e non comoda foglia di fico alle inefficienze costose e ingiuste di chi avrebbe il compito di gestire con professionalità, umanità e correttezza l’accoglienza al Campo governativo ricevendo per questo ingentissimi finanziamenti statali. 

«Il servizio dei “camerieri del sorriso” è iniziato il 26 settembre 2016 – poco dopo l’apertura del campo governativo – coinvolgendo coloro che, durante il periodo estivo, hanno dato vita alla mensa di Sant’Eusebio.

L’attività di distribuzione dei pasti – che non viene svolta dal catering – è stata possibile in questi mesi grazie alla disponibilità di oltre 150 volontari, che hanno garantito un totale di circa 2500 presenze, distribuite negli oltre 250 giorni di servizio,  due volte al giorno, 7 giorni su 7.

La scelta di entrare nel campo a supporto di un servizio che è  in carico a Croce Rossa Italiana è stata per alcuni una decisione sofferta, ma per tutti animata dal desiderio di dare continuità alle relazioni instaurate con la comunità dei migranti, per un’accoglienza che ponga al centro la persona e il suo progetto di vita, ispirandoci anche ai principi che contraddistinguono l’operato di Croce Rossa Italiana: umanità, imparzialità, neutralità, indipendenza, volontarietà, unità e  universalità.

Nel corso dei quattro mesi di servizio abbiamo sperimentato una serie di difficoltà riconducibili alla mancanza di chiarezza nelle cosiddette “regole di ingaggio”, che non ci sono mai neppure state rese note.   Tale opacità ha determinato una non uniformità di comportamenti da parte dei membri di CRI, per cui alla presenza di operatori diversi, a situazioni analoghe corrispondevano comportamenti diversi, anche nello svolgimento del semplice compito di distribuzione del cibo.

La stessa possibilità di fornire informazioni agli ospiti su servizi esterni al campo – l’assistenza giuridica offerta dagli avvocati volontari dell’Osservatorio Legale, lo spazio di animazione e il laboratorio linguistico – veniva consentita da alcuni ed impedita da altri.

Abbiamo assistito impotenti a comportamenti irrispettosi nei confronti degli ospiti – che in alcuni casi sono sconfinati nella prevaricazione fine a se stessa – da parte di alcuni operatori che, a nostro avviso, non hanno dimostrato l’umanità e la professionalità richiesta dal ruolo da loro ricoperto.

Attraverso la rete attiva tra i volontari che, a vario titolo, si occupano dei migranti, in questi mesi siamo venuti a conoscenza delle molteplici criticità connesse alla gestione dell’accoglienza nel campo – dalla poca attenzione alle situazioni di vulnerabilità e fragilità, con particolare riferimento a minori e donne, alla mancanza di mediatori culturali; l’episodio più grave si è concretizzato con il mancato suicidio del ragazzo eritreo quindicenne, salvato in extremis e rimandato nel campo due giorni dopo essere stato dimesso dall’ospedale, senza un adeguato supporto psicologico.

Con l’obiettivo di contribuire ad un miglioramento della qualità del servizio abbiamo più volte segnalato, senza mai averne alcun riscontro, la scadente qualità del cibo offerto, che in alcune situazioni di maggiore affluenza, era altresì insufficiente. Abbiamo constatato, inoltre, che all’interno del campo non viene, ancora oggi, effettuata una adeguata raccolta differenziata dei rifiuti.

Pertanto, dopo quattro mesi di tentativi di collaborazione e confronto critico andati a vuoto, abbiamo dovuto constatare con rammarico che ci veniva richiesto un atteggiamento passivo e acritico, incompatibile con la nostra idea del volontario come cittadino attivo e consapevole; prendendo quindi atto che la nostra presenza nel campo è stata confinata alla mera distribuzione dei pasti, abbiamo deciso di lasciare il servizio per non avallare una gestione dell’accoglienza non corrispondente ai nostri valori». [I volontari che hanno deciso di lasciare il servizio al Campo migranti di via Regina Teodolinda a Como]

3 thoughts on “Regina Teodolinda/ I camerieri non servono più

  1. Non avrei mai voluto trovarmi nella condizione di dover manifestare solidarietà verso un gruppo di persone che decide di interrompere una scelta di volontariato svolta a favore di altre persone vittime di situazioni di violenza, oppressione, emarginazione, per mano di dittatori e trafficanti nei Paesi di provenienza e di funzionari e operatori pubblici inadatti ed incapaci del Paese che li hanno “accolti”. Si è purtroppo verificato quanto denunciato da mesi da molti osservatori esterni, come possibile epilogo di un progetto ( il Campo governativo di via Regina Teodolinda) che è fin dall’inizio apparso non come una soluzione per quanto possibile efficiente ed accogliente, ancorché provvisoria, ad una situazione emergenziale qual’è stato l’arrivo massiccio di profughi alla stazione San Giovanni la scorsa estate, ma come una forma di occultamento di una realtà fatta di donne, uomini, bambini in carne ed ossa, portatori di bisogni, progetti e diritti. Una soluzione quantomai mediocre per la qualità dell’accoglienza offerta ed ipocrita per quanto riguarda la assoluta divergenza fra gli intenti sbandierati dal Prefetto e la realtà che voi volontari fuoriusciti avete denunciato, confermando quanto era risaputo in città, per interposta persona, da settimane e mesi. Qualità del cibo scadente e insufficiente, un tentativo di suicidio con il vergognoso epilogo da voi denunciato, atteggiamenti autoritari, sprezzanti, indifferenti da parte di alcuni operatori della Croce Rossa e soprattutto di alcune figure di responsabili del campo, sia verso i migranti che verso di voi volontari, ostilità e ostruzionismo verso le attività di assistenza e supporto psicologico e legale, fondamentali ed irrinunciabili rispetto ai bisogni di persone fortemente traumatizzate ed indifese sono o non sono comportamenti perseguibili per legge? Bisogna verificarlo, bisogna verificare eventuali responsabilità in questo senso. Chi ha dato indicazioni, chi a dato ordini, chi ha dettato ma poi occultato pubblicamente regole d’ingaggio che hanno fatto sì che qualcuno all’interno del campo si sentisse legittimato a fare o vietare a suo piacimento, deve essere costretto ad assumersene le responsabilità. E di farlo non solo moralmente ma anche di fronte alla legge, se si fosse reso responsabile di averla, anche solo in parte, violata. Perché non v’è nulla di più spregevole che usare il proprio potere, a maggior ragione se a nome del Popolo sovrano, non per risolvere problemi ed alleviare sofferenze ma per crearne di ulteriori e perpetrare situazioni di ingiustizia ai danni di quanti da tali situazioni sono sfuggiti, rischiando la morte, subendo violenze, vedendo morire amici e parenti sotto i propri occhi.

  2. Un’analisi critica del ruolo storico della Croce Rossa evidenzia, almeno dalla seconda guerra mondiale in poi, una generale connivenza del suo operato con gli apparati governativi di controllo sociale e segregazione razziale. La presenza di alcuni volontari difficilmente poteva sperare di emendare un campo che strutturalmente svolge tali funzioni. Per quanto riguarda la gestione delle migrazioni e il caso italiano, una panoramica sulla C.R.I. era stata diffusa a suo tempo da Yallah Como: https://yallahcomo.wordpress.com/2016/09/10/c-r-i/

Comments are closed.

Scopri di più da [Arci - Giornalismo partecipato]

Abbonati ora per continuare a leggere e avere accesso all'archivio completo.

Continue reading