Sotto padrone: una ricerca sociologica contro il caporalato

Si è svolto online su Zoom e in diretta Facebook nella serata di giovedì 4 il terzo incontro della rassegna 4 colpi alla ‘Ndrangheta, dedicato al caporalato e alle infiltrazioni mafiose nel settore agroalimentare.
Ospite della serata, organizzata dal Circolo ambiente Ilaria Alpi e da Arci Como, è stato Marco Omizzolo, sociologo ed autore di Sotto padrone. Uomini, donne e caporali nell’agromafia italiana.

Come nell’incontro sulle ecomafie, anche questa in questa conferenza si è approfondito il rapporto tra mafia e territorio, stavolta declinandolo in campo agroalimentare.
A dialogare con Omizzolo è stato Giuseppe Muti, ricercatore dell’università Insubria.

Omizzolo ha raccontato nel proprio libro, frutto di una lunga ricerca sul campo, le dinamiche del caporalato e di un tipo di attività mafiosa che tocca da vicino i consumatori, dato che i prezzi inverosimili di alcuni prodotti ne tradiscono l’origine illegale.
Sotto padrone è un testo talmente chiaro che l’autore è stato oggetto di numerosissime minacce ed intimidazioni criminali. Il lavoro di Omizzolo è durato dieci anni di osservazione partecipante ed azione politica nell’Agro Pontino. Dunque, il libro che ne è derivato è ben più che un prodotto accademico: è testimonianza di quella che, citando un’espressione dal testo stesso, è stata una vera e propria “fatica per la giustizia”.

Il caporalato è una pratica di sfruttamento per cui, spesso senza contratto, moltissime persone vengono subordinate, emarginate e costrette a lavorare ogni giorno per moltissime ore a prezzi miseri. I prodotti di questo lavoro sono venduti a prezzi competitivi, a tutto profitto di quelli che i lavoratori sono costretti a chiamare “padroni”.
L’agromafia gestisce tutto ciò, è il filo rosso che connette gli ingranaggi di questo terribile meccanismo.

Sotto padrone è il culmine di un percorso che esce dalla dimensione puramente sociologica per entrare nella dimensione più umana delle migrazioni e della vita da sfruttati.
Omizzolo dunque non solo studia le vittime del caporalato, ma le incontra. Il viaggio che compie svela un’Italia di sfruttamento ed emarginazione che va conosciuta e scoperta.
Il libro ha lo scopo di obbligare anche i più indifferenti ad una scelta: voltare lo sguardo o combattere l’ingiustizia che, in quelle realtà, è ben più concreta e vicina di quanto si potrebbe immaginare.
Questo percorso di consapevolezza, che l’autore stesso sta ancora intraprendendo, porta non solo la cittadinanza ma gli sfruttati stessi a ribellarsi, a combattere ed emanciparsi uscendo dalle logiche di dominio in cui sono immersi e arrivando ad ottenere giustizia contro persone che li considerano meno che umani.

Omizzolo racconta di parole: i termini sconosciuti dai migranti appena arrivati ed inseriti nel circolo del caporalato; le parole che indicano gli sfruttatori (i padroni) e gli sfruttati (gli schiavi); le minacce rivolte a lui stesso.
Il libro che ha scritto racconta certo il sistema agromafioso, ma narra anche il percorso interiore del suo autore e le relazioni che ha intessuto in quel contesto.
Per molti dei braccianti indiani dell’Agro Pontino, quello con Omizzolo è stato il solo contatto umano, il solo rapporto orizzontale con un italiano. Non padrone e schiavo, ma due persone.
La costruzione di questa umanità, sia quella riscattata dei lavoratori che quella rinnovata e riscoperta del sociologo, lo ha spinto oltre il proprio compito accademico per un percorso di lotta per l’emancipazione, l’indipendenza e la liberazione dai caporali.
L’ispirazione “teorica” è la Pedagogia degli oppressi di Freire, che ha dettato la linea di resistenza allo sfruttamento e ha comportato agli scioperi contro i padroni, al rifiuto del lavoro subordinato in favore del riconoscimento dei braccianti come umani. Da lì, le denunce contro i criminali e il percorso per la riconquista della libertà.

La libertà, per chi la conquista, è un atto rivoluzionario. E resta rivoluzionario per sempre.
Io ho visto queste persone fare la loro rivoluzione democratica, non violenta, civile.


La bolla di impunità dei braccianti è esplosa, i rapporti di forza ribaltati, i padroni indeboliti e le vite riscattate.

La disumanizzazione perpetrata dal caporalato passa anche dalla negazione del nome e della cultura degli schiavizzati; Omizzoli si è opposto anche a questo, chiamando per nome le persone che ha conosciuto e cercando di avvicinarsi alla loro vita, riconoscendoli come esseri umani.
Un processo di riconoscimento che lo ha portato ad essere nominato fratello di sangue di alcuni di loro e a costruire relazioni umane che gli hanno permesso di viaggiare in India a conoscere le radici delle persone che la mafia ha tentato di distruggere.

Come ha sottolineato Roberto Fumagalli, del Circolo Ambiente e presentatore della serata, il caporalato è presente anche al Nord, anche in Brianza.
Questa è un’ennesima prova della pervasività e della capacità associativa (più che di affiliazione) delle organizzazioni mafiose. Il metodo mafioso porta le cosche ad espandersi e ad estendere i propri interessi: il sangue e le morte degli schiavizzati sporcato moltissimi prodotti agrovinicoli tanto in Lombardia quanto in Puglia e nel Pontino.
C’è un evidente problema nel sistema produttivo alimentare non solo al Sud, né solo in Italia, ma in tutta Europa e forse addirittura a livello globale.
Il caporalato si è evoluto anche a valle, nel processo per cui le mafie arrivano “nel piatto”: il delivery è un ambiente grigio e poco chiaro in cui la criminalità ha gioco facile a introdursi.
Tutto il sistema economico, sempre più improntato al precariato e al risparmio, favorisce la piega illegale delle attività.
Come è emerso dal dibattito conclusivo a partire dalle domande del pubblico online, manca la volontà politica per costruire tavoli di discussione con i braccianti per la costruzione di un sistema lavorativo umano e regolarizzato.

Al termine dell’incontro è stato proiettato un video, girato nell’aprile 2016 e mandato in onda a Piazzapulita, che racconta la vita dei braccianti dell’Agro Pontino, lo sfruttamento, la disumanizzazione delle persone schiavizzate e la prepotenza dei padroni.
Una forte testimonianza dall’inferno del caporalato, contro cui si sta combattendo una battaglia difficile ma possibile, come quella che racconta Omizzolo in Sotto padrone.

L’ultimo appuntamento della rassegna 4 colpi alla ‘Ndrangheta si terrà nel pomeriggio di giovedì 11 marzo alle 17.30, ed avrà come titolo Le donne che fanno tramare la [Pietro Caresana, ecoinformazioni]



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