Culturattiva/ 17 aprile – Sabato pomeriggio

Dopo gli interventi dei lavoratori e delle lavoratrici dello spettacolo di sabato mattina, nel pomeriggio piazza Verdi, a Como, è stata animata da un presidio riguardante la cultura a scuola.
Oltre a teatranti, musicanti e maestranze del mondo dello spettacolo sono scesi in piazza anche Unione degli studenti Como e Priorità alla scuola Como.

Poco più di trenta persone, però, hanno partecipato all’iniziativa. Coniugare il mondo studentesco con quello di teatro e musica si è rivelato più difficile del previsto: se al mattino i partecipanti erano soprattutto artisti, l’iniziativa del pomeriggio ha richiamato prevalentemente studenti.

Uds Como è stata invitata a presentare due suoi progetti, Cantiere scuola e lo sportello psicologico gratuito (in collaborazione con Jonas Como onlus), ma più in generale ad intervenire sull’importanza della cultura a scuola.
L’istruzione, oggi, relega arte, teatro e musica ad un ruolo secondario che le fa esistere solo come laboratori o iniziative extracurricolari. Questa lacuna è dovuta ad un ragionamento sbagliato per cui queste attività non possono di fatto tradursi in lavori: il lavoro, come ha sottolineato Davide Losito, è ritenuto altro, come ad esempio matematica, diritto, scienze…
Al di là del fatto che sono tantissime le persone che vivono facendo arte, una mentalità di questo tipo porta a programmi scolastici che negano a studenti e studentesse lo sviluppo di una componente fondamentale del sé. Essi vengono infatti inquadrati in un sistema in cui creatività, fantasia e competenze culturali sono accessorie e quindi inutili, ma questo reca un enorme danno alla loro crescita.

Se gli interventi di Uds miravano a ripensare la scuola da una prospettiva studentesca, Pas ha invece portato l’esperienza dei docenti. Anch’essi comprendono infatti come la scuola non sia puro nozionismo, ma anzi debba essere un luogo di confronto e crescita su tutti i piani. Un’istruzione senz’arte è un’istruzione carente e selettiva.
La dialettica studente-docente, già precaria per via delle dottrine ministeriali, è resa ancora più difficile dalla dad. Come ha sottolineato Pierluigi Tavecchio, infatti, con essa i rapporti interpersonali sono stati appiattiti creando un muro ancora maggiore tra le due parti fondamentali della scuola.

Giuliana Riccio in un intervento particolarmente appassionato e coinvolgente ha raccontato di come sia possibile “innamorarsi perdutamente” della scuola, nonostante tutte le difficoltà, e quindi di come sia possibile portare avanti pratiche creative e coinvolgenti che, proprio per il loro essere radicate nelle sensibilità personali, possono costituire un modello di come (ri)costruire la scuola.

Mariateresa Lietti, anche nel suo caso a partire dal vissuto di docente di strumento nelle scuole secondarie di primo grado, ha sottolineato l’importanza di riportare a unità le diverse dimensioni delle persone in gioco nel contesto di apprendimento: corpo, affettività e pensiero; dimensioni spesso marginalizzate e quasi ignorate nella quotidianità scolastica. Analogamente va ricomposto anche il rapporto tra la scuola e la comunità, poiché le dinamiche di apprendimento non possono essere “limitate” a studenti, docenti e famiglie.

Raffaele Mantegazza ha cominciato il suo intervento, che programmaticamente voleva essere di sintesi (e di stimolo per tutti e tutte), con un piccolo coup de theatre: si è bendato (anzi: si è completamente coperto la faccia con una spessa sciarpa) per evidenziare l’assurdità della richiesta di “non guardare”, di non “copiare”, di “non vedere” che interpreta nel senso più individualistico e più retrivo il ruolo della scuola. Ma proprio dopo essersi bendato, Mantegazza – una lunga esperienza di docente e pedagogista (ma anche di allenatore sportivo, come tiene a ricordare) – ha mostrato come si deve essere capaci di ascoltare e guardare. Riprendendo e sottolineando i punti salienti di tutti gli interventi precedenti, ha messo particolarmente in luce alcuni concetti: la scuola come passione, la cultura come resistenza, le emozioni come crescita, la gioia come apprendimento. Un intervento articolato e appassionato (e anche, a tratti divertente: Mantegazza spende, davanti al microfono, le sue indubbie doti di oratore e, persino, di affabulatore) che da ultimo ha sviluppato due temi collegati e fondamentali: la lezione (nelle sue caratteristiche di spazio, tempo e corpo) e la valutazione (nelle sue possibilità di essere elaborata come forma di relazione e di cooperazione – anche tra pari – e non come giudizio cieco, assoluto e “dall’alto”). Leggi l’articolo di Raffaele Mantegazza per ecoinformazioni.

Docenti e studenti sono scesi in piazza con le maestranze del mondo dello spettacolo nella condivisione di un’esperienza che, nell’ultimo anno, è stata dolorosa: la chiusura dei luoghi del sapere e la marginalizzazione della cultura e nella speranza non effimera che le prossime (nuove) possibilità di relazioni sociali consolidino un rapporto di competenze e di sensibilità tra i diversi ambiti. [Pietro Caresana, Fabio Cani, ecoinformazioni][Foto di Fabio Cani e Pietro Caresana, ecoinformazioni]

La registrazione degli interventi della giornata alla pagina facebook Artisti e Maestranze Attivi Como

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