«Libertà, ecco la nostra meta»

Venerdì 23 novembre e sabato 24, nella Sala d’oro quasi gremita di Palazzo Manzi a Dongo e di fronte a una quarantina di persone all’ istituto Iacopo Rezia di Menaggio, la storica Irene Fossati Daviddi ha presentato la ristampa del libro Enrico Caronti  la forza delle idee, alla presenza del presidente dell’Anpi Como Guglielmo Invernizzi e dell’assessore alla cultura Elena Caproni. All’incontro di Dongo la staffetta partigiana Wilma Conti ha portato il suo contributo alla discussione con un intervento. I due appuntamenti fanno parte della rassegna Memoria resistente organizzata da Anpi Como, ecoinformazioni, Istituto di storia contemporanea Pier Amato Perretta e Arci provinciale, con il contributo della regione Lombardia.

Il libro, come si legge nell’introduzione, si prefigge lo scopo di rinnovare il ricordo del “ribelle Caronti” e di analizzare la conoscenza dell’”uomo” presso le giovani generazioni. In questa ristampa si presenta però snellito da tutto l’apparato documentario della prima edizione, privilegiando quindi le parti più connesse all’esperienza di vita di Caronti.
Nato nel 1901 a Blevio e orfano di madre a 8 anni, il futuro commissario politico della 52° brigata Garibaldi ottiene un diploma di perito tecnico e a 20 anni diventa segretario della federazione giovanile socialista di Como.  Molto attivo durante il cosiddetto biennio rosso, partecipa alle manifestazioni di piazza contro il caro vita: in una di queste viene arrestato e malmenato dalle forze di polizia comasche.  Per Caronti il 1921 è l’anno del servizio militare, quando rientra decide di iscriversi al neonato Partito comunista. Viene assunto dalla Tintoria Cernobbio come operaio, lì conosce la sua futura moglie e rimane attivo politicamente anche durante il passaggio alla clandestinità dei partiti. Nel 1943 comincia la sua guerra partigiana: è fra gli organizzatori degli scioperi del ‘ 44 e successivamente decide di proseguire la lotta in montagna con il nome di Battaglia  “Romolo”.
Nella notte del 21 dicembre 1944 Caronti viene catturato nella sede del distaccamento “Gramsci” a San Gottardo di Dongo con altri due partigiani, Giovanni Amelotti “Sardo”, comandante militare del distaccamento stesso e la staffetta Natalina Chiappo “Dina”, dai militi della IV compagnia della IX Brigata Nera “Cesare Rodini” di Menaggio comandati da Paolo Emilio Castelli. Rinchiuso nella sede dei brigatisti, è orrendamente torturato e la notte del 23 dicembre fucilato.

 «“Romolo” era fermamente convinto che la guerra partigiana fosse una palestra di democrazia – spiega Irene Fossati Daviddi, autrice del libro – e portò avanti questa idea con forza e ostinazione, non cedendo alle torture».  Per Guglielmo Invernizzi il suo sacrificio deve servire da esempio alle nuove generazioni: «il volume è indirizzato a loro, perché possano apprezzare meglio il valore inestimabile della democrazia, la cui conquista è costata tanti sacrifici di uomini, che idealmente Enrico Caronti rappresenta. Uno dei motivi della riedizione del libro è proprio questo». «È attraverso la conoscenza della storia – conclude Daviddi – che la società civile può cementare quei principi che guidarono Caronti e che sono alla base della nostra Costituzione».

A conclusione dell’incontro di Menaggio (luogo simbolo della morte di Caronti)  la consigliera di minoranza Cristina Redaelli ha proposto l’affissione di una targa commemorativa nel luogo in cui venne torturato il partigiano bleviese, richiesta raccolta dal presidente dell’ Anpi Como Guglielmo Invernizzi. [Andrea Quadroni, ecoinformazioni]

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