
Un centinaio per cancellare il cancello
Nonostante il caldo di fine giugno ed il sole di metà pomeriggio, oltre cento persone tra cittadini e cittadine, associazioni e partiti si sono radunati domenica 25 giugno sotto il portico della chiesa di san Francesco, a Como, rispondendo all’appello di Como senza frontiere contro le misure di architettura ostile approvate in bilancio dalla giunta Rapinese. Presenti, tra gli e le altre, Barbara Minghetti e rappresentanze di Arci Como, Como accoglie, Supporto attivo, Verdi e Sinistra italiana, Rifondazione comunista, Giovani comunisti, Svolta civica, Unione popolare, Anpi e diversi rappresentanti parrocchiali locali. Guarda i video.
Facendo seguito ad una volontà già manifestata quando il sindaco era Landriscina, il consiglio comunale non si è redento al cambio di primo cittadino: verranno messi dei cancelli a bloccare alle persone senza fissa dimora l’accesso al portico della chiesa sconsacrata.
La misura, spacciata per provvedimento preso in nome del decoro, è solo un’ennesima testimonianza della guerra contro povertà ed immigrazione che ormai da anni la destra persegue a livello territoriale e nazionale. Come affermato da Fabio Cani, portavoce di Csf, questo sintomo reazionario va letto nella cornice razzista e sempre più di estrema destra che connota l’Italia. Quello di San Francesco non è un episodio isolato, bensì si lega ad altri fatti che, se collegati, mostrano chiaramente un disegno di intolleranza e chiusura tanto a livello nazionale che europeo.

Andrea Costa, di Baobab experience, è uno dei testimoni privilegiati di questo programma di intolleranza. Con la propria realtà è infatti impegnato nella lotta contro le diseguaglianze e per l’adozione di politiche di accoglienza ed integrazione anziché discriminanti e razziste. L’architettura ostile è una misura odiosa, sintomo del totale disinteresse nei confronti di chi non può permettersi una delle soluzioni abitative di lusso proposte dalla città per milionari e turisti.


D’altronde, è questa l’immagine che Como vuole dare di sé, ha sottolineato anche don Giusto Della Valle, ed alle persone va bene, date le loro scelte elettorali. Ad una città a misura di cittadino si preferisce un prodotto da vendere in cartolina a chi se lo può permettere; ma questa politica non porta ad altro che ad innalzare la tensione sociale, come l’approvazione della cancellata di san Francesco mostra. Nonostante le numerose case sfitte o da ristrutturare, si preferisce investire in alberghi e strutture di lusso, salvo poi tentare goffamente di invisibilizzare un problema che non si può nascondere. Così come l’immigrazione è una realtà ineludibile, così lo è anche l’emergenza abitativa a cui sempre più persone sono costrette.
Como accoglie, la cui portavoce è stata Marta Pezzati, è una delle realtà che conosce meglio la situazione della chiesa di san Francesco, una vicenda di vita per strada che testimonia la distanza tra le esigenze delle persone ed il consiglio comunale, dove non si pensa a chi Como la abita o vorrebbe abitarla quotidianamente.
Che il problema sia sistemico lo ha sottolineato anche una testimonianza da Ventimiglia, è negata tanto nel Mediterraneo quanto anche nelle altre città di frontiera. La distinzione tra l’Occidente ed il resto del mondo, discrimine in virtù del quale si decide chi accogliere e chi no, chi far vivere e chi no, però non regge più ed i flussi migratori in costante aumento lo testimoniano chiaramente. La politica comasca, sulla cresta dell’onda di quella nazionale, mostra di non rendersi conto di tutto ciò e paradossalmente non solo nega il diritto all’abitare, ma minaccia anche quello ancora più radicale di esistere, visto che punta ad un’inesorabile cancellazione di qualunque spazio di vita per chi non ha una casa in cui stare.

A concludere la manifestazione, Annamaria Francescato, portavoce di Csf, ha pronunciato un lungo ed accorato discorso di denuncia, sempre sul molteplice livello locale-nazionale-internazionale. Nel mirino, la fortezza Europa e le sue stragi decennali da Lampedusa alla più recente sulle coste greche e il succedersi di giunte locali e governi nazionali che hanno reso sempre più difficile la vita di centinaia di migliaia di persone, distinguendo non solo tra cittadini ma anche tra esseri umani di serie a e serie b, e stanno favorendo il risorgere di ideali fascisti e di intolleranza, come il clamoroso processo senza condanna a Veneto fronte skinhead testimonia.

L’indignazione di fronte alla disumanità della giunta Rapinese, ma la realtà è che a meno di insperati ripensamenti il cancello sarà collocato, sebbene non si sappia ancora esattamente quando. Per chi ha un’idea di città diversa da quella delle destre locali e non, non resta che radunare le forze, come fatto anche nel pomeriggio di domenica 25 giugno, ed organizzarsi per impedire questo sfregio alla dignità umana. [Pietro Caresana, ecoinformazioni]
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