Qui e là, tavola rotonda sulla cooperazione internazionale

Motivazioni, responsabilità, ruolo e prospettive della cooperazione internazionale alla tavola rotonda Qui e là di venerdì 28 settembre in Biblioteca comunale. L’iniziativa era inserita nel primo festival comasco dei gemellaggi e della cooperazione internazionale, Assaggi di mondo, organizzato dal Comune di Como in collaborazione con l’Associazione del volontariato comasco – Centro servizi per il volontariato.

 

«Perché dedicare un po’ della propria vita al volontariato? – ha esordito Giuseppe Maternini, dell’associazione Il Carretto, chiamato a relazionare sulle motivazioni di un volontario – L’ho chiesto a molte persone durante le mie esperienze di cooperazione. Le risposte si sono evolute nel tempo: chi partiva come me quarant’anni fa ci andava per insegnare, educare, curare. Questo presuppone una povertà intellettuale dei beneficiari, ed è una mentalità molto pericolosa, perché tende alla colonizzazione, con la presunzione di portare una cultura ed una tecnica ritenute migliori. Col passare degli anni le motivazioni dei volontari si sono invertite rispetto alle origini: si è spinti della volontà di imparare, di arricchirsi. La coscienza della nostra povertà ha portato quindi a modalità di incontro più rispettose, più attente e persino più simpatiche».

Ma in questo caso la virtù, sempre secondo Maternini, sta nel mezzo: oltre a ricchezza e povertà, il fattore determinante è l’umanità del volontario. «Il volontario parte per cercare se stesso, per trovare un risposta alla difficile domanda “chi sono?”. La risposta può essere ben riassunta dall’Ecce homo di Pilato: siamo tutti un misto di regalità e umiliazione, di ricchezza e povertà».

«Il problema – ha continuato Maternini – è che sei miliardi di uomini conoscono solo l’umiliazione e questa condizione umilia anche i restanti. Ecco, il volontario è chi vuole cambiare questa situazione».

L’esponente de Il Carretto ha infine sottolineato l’importanza dell’entrare in contatto con una cultura diversa dalla nostra, che ha definito «dominata e sovrastata dal problema della conoscenza».

«In altre culture, come quella africana, sono invece molto più forti gli elementi di “ri-conoscenza”, cioè il dare atto e l’essere grato della diversità del prossimo e di coscienza, tutte le azioni che compiamo consapevolmente e su cui possiamo lavorare per cambiarle. L’incontro con una cultura diversa segna la nostra vita perché ci fa capire quanto parziali siano i nostri schemi mentali».

Il secondo intervento, affidato a Vittorio Villa de Il Sole, ha offerto una panoramica sui concetti di responsabilità ed etica riferiti alla cooperazione internazionale. «La responsabilità per un’organizzazione di cooperazione internazionale coinvolge i tre attori del proprio intervento: i beneficiari, cioè le comunità che ricevono l’intervento, i donatori o finanziatori dell’organizzazione, siano essi privati, associazioni o istituzioni e infine l’associazione stessa ed i propri operatori. È evidente che le tre responsabilità hanno pari peso nell’azione dell’organizzazione, che deve saper coniugare le responsabilità con un punto fermo: gli interventi devono essere fatti bene o è meglio rinunciarci».

Il valore aggiunto che permette tutto questo – ha continuato Villa – sta nell’etica della cooperazione: «L’etica è un contenitore che va riempito di concetti: il primo è l’interculturalità, cioè il rispetto e la conoscenza della cultura ospite, poi c’è la trasparenza totale degli interventi, la partnership con i soggetti locali e la valorizzazione delle risorse umane esistenti».

In sintesi, ha concluso Villa, «la cooperazione è una cosa seria, e chi non lo pensa sbaglia».

Sul ruolo della cooperazione internazionale e le condizioni di quella italiana ha relazionato André Siani, membro del consiglio direttivo del Focsiv (Federazione organismi cristiani servizio internazionale volontariato): «In molti pensano che la cooperazione internazionale sia inutile o la declassano ad elemosina verso i paesi meno ricchi. Non è vero, perché viviamo in mondo interdipendente e tutti dobbiamo attivarci per cooperare. I problemi del terzo mondo si ripercuotono direttamente su di noi, ad esempio la questione dell’accesso alle risorse energetiche può portare al rapimento di tecnici europei in Nigeria o in Kazakistan, o ancora, le forti disparità economiche provocano gli sbarchi in massa sulle nostre coste. La cooperazione è un ottimo strumento per prevenire questi fenomeni, perché è l’unica forma di investimento vero nei paesi d’origine».

Ma il problema, anche in questo caso, è politico: «Chi sbandiera la questione della sicurezza e dice di aiutare i paesi a forte pressione migratoria “a casa loro” è lo stesso che taglia i fondi alla cooperazione: in Italia investiamo meno dello 0,1 per cento del Pil, quando gli obiettivi del millennio fissano a 0,7 la quota da raggiungere entro il 2012. Occorre approvare una nuova legge per la cooperazione e creare una agenzia ad hoc altrimenti le sorti della cooperazione resteranno in balia dell’aria politica che tira: nei cinque anni di governo Berlusconi i contributi alla cooperazione internazionale ammontavano a 30 milioni di euro, saliti ad 80 con il governo Prodi e ora ridiscesi a 30».

Il relatore ha infine sottolineato l’importanza che l’Italia diventi punto di riferimento per la cooperazione in vista della presidenza G8 nel 2009 e dell’Expo 2005 che avrà come tema proprio “Nutrire il mondo”, «altrimenti ci faremo un autogol e perderemo la nostra credibilità».

Ad Italo Nessi, di Medici con l’Africa, è toccato infine il compito di valutare la salute della sanità globale. Dopo un breve escursus storico, dalla dichiarazione del ’78 di Alma Ata che sanciva il diritto all’assicurazione sanitaria di base per tutti e stabiliva che «la salute è un diritto fondamentale e il miglioramento della sanità è un obiettivo sociale», impegnandosi a rendere effettive queste condizioni in tutto il mondo entro il 2000, agli Obiettivi del millennio che puntano ad eliminare la povertà entro il 2015, il medico comasco ha provato a tracciare lo stato dell’arte della salute globale: il quadro, per quanto noto, è disarmante: le disuguaglianze tra nord e sud del mondo sono ancora profonde e se in molti paesi sono stati fatti significativi progressi per l’accesso all’acqua, per molte zone del mondo gli Obiettivi sono irraggiungibili.

Il motivo? «Non si è agito con determinazione sulle cause primarie delle malattie: l’acqua e il reddito. L’Oms è un’organizzazione troppo debole economicamente in confronto alle fondazioni private di beneficenza, che grazie al loro potere possono influire sulle scelte globali. L’altro grosso problema sono le politiche di Fmi e Banca mondiale, che propongono piani di sviluppo ai paesi del terzo mondo in cui la sanità viene privatizzata. Ma la salute è un business o un diritto dell’uomo?».

Dal pubblico, una quarantina i partecipanti, è arrivato un sollecito a fare rete tra le organizzazioni di cooperazione per non disperdere fondi ed energie. Appello accolto da Nessi, che ha auspicato meno competitività e più partnership nell’accesso ai bandi, e da Celeste Grossi che ha messo a disposizione le competenze del Coordinamento comasco per la Pace di cui è vicepresidente. L’ultimo intervento ha sottolineato l’importanza che le persone impegnate nella cooperazione internazionale si facciano portavoce delle ingiustizie globali anche sul nostro ricco territorio, per mostrare realmente la disastrosa situazione internazionale ed eliminare i pregiudizi che vedono la cooperazione come carità e non come restituzione, giustizia. [Francesco Colombo, ecoinformazioni] 

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