Considerazioni semi-romantiche sull’assessorato comasco al Patrimonio

farmaciaLuca Michelini, professore di Storia del pensiero economico (Dipartimento di Scienze politiche, Università di Pisa), interviene nel dibattito sulla vendita delle farmacie comunali e più in generale sull’alienazione di parti del patrimonio pubblico per risolvere l’insufficienza delle risorse economiche a disposizione del Comune di Como.

«1. Ecoinformazioni, con la penna del solerte ed informato Michele Donegana, ci informa che è iniziata la discussione sulla vendita delle Farmacie comunali di Como. Tempo fa, l’efficiente assessore al patrimonio, avvocato Iantorno, ha reso pubblica una tabella di alcune proprietà comunali, ora per metterle a regime e, in caso di rifiuto degli affittuari, provvedere di conseguenza (la legge è uguale per tutti!), ora per approntare un piano di dimissioni. Il motivo è semplice: far quadrare i conti. Un esercizio che ossessiona ogni livello del potere, non solo in Italia.

2. Un semplice gesto di “ordinaria amministrazione”, un ragionieristico afflato volto a far quadrare i conti: tanto basta per disfarsi di proprietà che sono della collettività.

Nulla lo impedisce, del resto. Anzi: tutto è a favore di questo tipo di provvedimenti: “privatizzare”, “razionalizzare”, coprire “i buchi di bilancio” e via discorrendo, secondo la vulgata politica corrente.

Nessuno, invece, che si è chiesto: ma come mai, cioè per quali ragioni, il Comune, che poi è, o dovrebbe essere la Comunità, possiede, poniamo, un bar, un ristorante, una farmacia, un garage? Donazioni? Fallimenti? Sequestri? Fortuna? Follia? Rapina? Effetti del “catto-comunismo”?

3. Nessuno lo dice. Forse nemmeno si sa. Eppure penso che un patrimonio della collettività, indipendentemente da ogni considerazione giuridico-ragionieristica, meriterebbe un ragionamento complesso circa le sue origini e la sua storia. Magari si scoprirebbe il motivo per cui è stato creato, è cresciuto, è stato gestito in un modo piuttosto che in un altro modo.

Fino ad oggi personalmente non ho incontrato nessuna analisi di tal fatta. Eppure si tratta, almeno in piccolissima parte, di “roba anche mia” e delle “generazioni future”, come si usa dire. Invece nulla.

4. Quanti impiegati ha il Comune di Como? Penso moltissimi (forse 2000?!). Possibile che l’assessore, o i consiglieri comunali non abbiano sentito l’esigenza di farsi un quadro della storia di questo patrimonio? Possibile. Possibile che i militanti, i dirigenti di partito, passino il tempo su facebook a parlare di Civati (ma chi è?), della Siria, del processo Berusconi, battano i corridoi per preparare congressi e pre-congressi, elezioni e para-elezioni, e non trovino un poco del loro tempo per informarsi e per informare i cittadini su questa fondamentale problematica? Possibile.

Vendere e comperare, a prescindere da tutto. Un assessore al patrimonio che lavora all’esaurimento… del patrimonio.

Sì, esagero: non tutto sarà messo in vendita. L’elenco prima citato non comprende molte proprietà comunali, probabilmente quelle dedicate ad attività “sociali”. Ammesso e non concesso che oggi sia davvero tale poniamo l’attività sportiva, pare anch’essa oggetto di scorribande affaristiche, perfino nella tranquilla Como.

Ma siamo poi così sicuri che la storia di un patrimonio non sia una componente essenziale per capire come gestirlo o per deciderne le sorti?

5. Vendere per far cassa: un’ottima idea, forse, in tempi di boom economico; non so quanto realizzabile in tempi di crisi. Certo si è che un ragionamento sulla storia di questo patrimonio forse potrebbe suggerire qualche idea, perfino qualche idea nuova, sul suo utilizzo.

Perché ormai dovrebbe essere chiaro perfino al Partito Democratico (pare il più ostinato a digerire la dura realtà dei fatti) che le politiche d’austerità, le liberalizzazioni, le privatizzazioni non fanno che avvitare la crisi, favorendo (anche grazie allo smantellamento della nostra Costituzione e ad una intelaiatura giuridico amministrativa neo-liberista) la svendita del patrimonio privato e pubblico del Paese». [Luca Michelini, democraziaeconomica@libero.it]

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