
Volontari per comunità accoglienti
La mattina di sabato 11 novembre, il centro congressi Medioevo di Olgiate Comasco ha ospitato Volontari per comunità accoglienti, incontro preparatorio alla fusione dei Centri servizi per il volontariato di Como (Csv) e Varese (Cesvov).
Una quarantina i rappresentanti di associazioni attive nelle province interessate intervenuti ad ascoltare gli interventi di Franco Dell’Olio, Franca Olivetti Manoukian e Ivo Lizzola, introdotti dai saluti di Francesco Beretta e Laura Molinari del Csv. L’augurio espresso da organizzatori e relatori è quello che si possa avviare una collaborazione armoniosa e produttiva, che possa trarre insegnamento dalle pratiche già sperimentate a livello provinciale.
Tutti e tre i relatori hanno riconosciuto la natura dialettica e dinamica del volontariato e dell’individuo che offre tempo, capacità ed energie a una comunità che cambia, e dalla quale è a sua volta cambiato. In apertura al proprio intervento, Dell’Olio, psicologo, consulente e formatore per il Csv, ha sottolineato la connotazione umana delle associazioni del terzo settore (spesso, ed erroneamente, percepite come entità astratte), individuando quattro principali “profili” ricorrenti tra volontari, ognuno caratterizzato da diverse priorità e vocazioni. I volontari, infatti, sono mossi da bisogni di tipo diverso (alcuni sono mossi dall’aspetto pratico-cognitivo, altri dal bisogno di appartenenza e approvazione, e così via), orientandosi verso attività, associazioni e incarichi di diverso tipo. Pur evitando classificazioni rigide, è doveroso riconoscere e valorizzare la specificità di ogni volontario/a, cosa che non sempre accade, ha commentato il relatore, portando alcuni esempi concreti e proponendo possibili migliorie. E se è vero che è compito dell’associazione saper collocare, coordinare e insomma – per brutta che sia la parola – “ottimizzare” le attività dei volontari, rimane al centro per il volontariato territoriale di competenza il compito di costruire, mantenere e sviluppare relazioni tra le risorse umane e operative messe in gioco.
Franca Olivetti Manoukian, psicosociologa di Aps Milano, registra un generale deterioramento nel settore dei servizi, rimettendo in questione lo stesso concetto di welfare (tendenza che asseconderebbe una generale atomizzazione dei rapporti sociali). Più in generale, l’approccio più funzionante nella risoluzione di problemi e criticità starebbe, secondo la relatrice, nel farsi delle domande di significato, prima di elaborare una soluzione mirata; evitando il più possibile le dicotomie, le semplificazioni e le risposte dogmatiche. La pratica del volontariato è spesso soggetta a percezioni errate, derivanti da connessioni logiche inesatte. «Offrire tempo ed energie non vuol dire aiutare, e aiutare non è automaticamente “una cosa buona”», riassume Olivetti Manoukian, che ricorda anche: « Non si tratta soltanto di ottenere ricadute positive, ma anche di (veder) riconoscere le stesse. E proprio il riconoscimento è un tema problematico nella società contemporanea, in cui ciascuno sembra essere alla frenetica ricerca di un’identità riconoscibile e accettabile». Il volontariato, insomma, non è mai solo un fatto di altruismo (né solo di egoismo): proprio riconoscere l’ambivalenza tra questi due elementi in apparenza inconciliabili mette in moto un rapporto dialettico tra il sé e la società, da cui entrambe le parti possono trarre giovamento.
Professore di Pedagogia sociale, della marginalità e dei diritti umani all’Università di Bergamo, Ivo Lizzola ha sviluppato con il suo intervento proprio il tema del posizionamento del volontario rispetto all'”altro”, inteso come il soggetto, l’associazione o la collettività verso cui questi opera. Tale reciproca distanza, che determina il “senso” stesso del volontariato, non è un dato immoto, ma una variabile dipendente da fattori che incidono da ambo le parti. Tale dinamismo richiede dal volontario un atteggiamento autocritico, disposto a “correggere il tiro” se e quando necessario, a rischio di fare qualche errore in itinere; sapendo che l’aiuto più efficace potrà essere quello in grado di rendere la persona assistita autonoma e in grado di ricambiare il favore. Del resto, concordano i relatori, un eccesso di idealismo e di perfezionismo rischia spesso di tradursi in un’autoreferenzialità condiscendente e/o frustrante, mentre sono condivisione e apertura al confronto a rendere il volontariato tanto prezioso quanto il lavoro retribuito, se non – per certi versi – ancora di più.
Le difficoltà che riguardano le relazioni “personali” (quelle tra l’individuo che aiuta e quello aiutato, per intenderci) sembrano riflettersi a livello associativo, tra le associazioni e tra queste e l’ente di coordinamento. La fusione dei centri per il volontariato di due province contigue, analoghe, ma (ad oggi) specifiche e distinte sembra contrastare la tendenza alla frammentazione a cui si accennava, e solleva importanti, inevitabili sfide. Resta l’invito a riconoscere l’intrinseca complessità del volontariato (a livello operativo e relazionale), a mantenere aspettative realistiche e flessibili, a condividere le proprie competenze, ma anche le proprie fragilità, per imparare (e insegnare) dalle proprie esperienze e da quelle degli altri. [Alida Franchi, ecoinformazioni]
Presto online sul canale di ecoinformazioni il video di Alida Franchi.