Ritorno volontario assistito/ Presentato a Rebbio il programma dell’Oim

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In un incontro che si è tenuto la mattina di lunedì 19 marzo all’oratorio della parrocchia di San Martino a Rebbio, Celeste Panno, referente dell’Oim [Organizzazione internazionale delle migrazioni], ha presentato nel dettaglio il progetto Ritorno volontario assistito e reintegrazione, rivolto a migranti (e, in misura minore, a richiedenti asilo) che decidano, in modo autonomo e volontario, di fare ritorno nei paesi d’origine.

37 gli operatori e operatrici distribuiti sul territorio nazionale per assistere i migranti [termine qui impiegato in senso lato, ndr] interessati al ritorno («che ci teniamo a non equiparare al rimpatrio, termine che ha una connotazione coercitiva» precisa Panno in apertura). Esso non è precluso a una particolare categoria migratoria, nel senso che è attuabile sia per i migranti “economici”, sia per i richiedenti asilo e rifugiati,  che il loro status sia regolarizzato o meno, di qualsiasi nazionalità non comunitaria; fattori di esclusione dal programma sono processi pendenti, evidenti disturbi fisici e psichici (specie se il migrante non ha una persona di riferimento a cui affidarsi), oppure, in linea di massima, il ritorno a paesi o regioni di per sé rischiose; per altre aree, invece, i casi sono valutati su base individuale. L’Oim infatti non opera da sola nell’attuazione dei ritorni – finanziate dal fondo Fami -, ma si interfaccia con altre organizzazioni internazionali (come L’Unhcr nel caso dei richiedenti asilo e rifugiati), associazioni e reti, istituzioni e personale specializzato, per fornire ai beneficiari un’assistenza mirata, non solo nella trasferta (e nella preparazione alla stessa) ma anche dopo l’arrivo. Il piano prevede anche un contributo di tipo economico nelle sue due fasi: una somma in contante all’aeroporto (400 euro per i singoli; per le famiglie si va dai 600 per i minorenni a carico ai 2000 per i capofamiglia), oltre alle spese e si documenti di viaggio, e una quota di 2000 euro a rientro avvenuto. Quest’ultima in particolare è funzionale all’elaborazione di un piano di investimenti da parte del beneficiario, in cui vengano indicate con chiarezza le spese che si intendono sostenere (il progetto è finanziato dai fondi Fami).

Ai candidati è fatta richiesta di procurare la copia di un documento e di firmare una rinuncia a ogni status di protezione accordato o pendente da parte del paese ospite. Tale documento non pregiudica di per sé una futura richiesta di protezione, nel caso in cui la persona decidesse di emigrare nuovamente, e entra in corso di validità solamente a partenza avvenuta, perché è possibile cambiare idea fino a prima di partire. Panno fa presente che l’iniziativa dell’Oim, che dal 2016 è agenzia specializzata dell’Onu, è notificata in modo estensivo, anche ai migranti ospitati in strutture di accoglienza, secondo il principio di diritto all’informazione; la possibilità di fare ritorno al paese d’origine (o a un paese in cui ci siano legami accertati) è spesso trasmessa tramite passaparola. Nel 2018, il Ritorno volontario assistito dall’Italia è aperto a 1500 beneficiari, numero che è andato in aumento rispetto alle annualità precedenti, e a prenderlo in considerazione sono  soprattutto  i migranti che non abbiano fatto richiesta di protezione, che tendono a soffrire di una più grave condizione di marginalità e di esclusione dalla vita pubblica nel paese ospitante. Tra i paesi d’origine al momento più interessati, Panno cita la Nigeria (e, in misura minore, altri paesi dell’Africa occidentale) e il Pakistan («ma stiamo cercando di aprirci ai cittadini di altri paesi»), e conferma la collaborazione dell’organizzazione con mediatori che permettano al migrante di conoscere nel dettaglio la propria situazione e, dunque, i vantaggi e gli svantaggi di un eventuale ritorno con reintegrazione. «La casistica è assai varia di persona in persona –  ammette la referente dell’Oim – spesso le idee sono poco chiare, altalenanti, o vanno in direzione opposta rispetto a quanto noi e i nostri collaboratori consiglieremmo di fare. Per questo escludiamo i minorenni non accompagnati dal nostro programma, ci affidiamo alla collaborazione con personale clinico specializzato per casi di disagio psichiatrico [si tratti di sindrome da stress post-traumatico e altre situazioni di vulnerabilità, ndr] o di precarie condizioni di salute, impedendo la partenza nei casi più gravi per tutelare l’incolumità della persona».
A ritorno avvenuto, il personale dell’Oim mantiene un monitoraggio costante sui percorsi individuali di reintegrazione, mantenendo contatti con la sede centrale di Oim Italia e con i nostri referenti nei paesi d’origine, oltre che con gli stessi beneficiari del programma. I documenti relativi al ritorno volontario assistito sono caricati su una piattaforma online nel sito di Oim Italia, consultabile dalle autorità di competenza.

Un tale programma riflette la complessità dello stato attuale delle migrazioni in Italia e in Europa (progetti analoghi sono attivi in altri stati, con modalità e tempistiche differenti). Il mese di marzo 2018 è un periodo transitorio per il cambio di stagione (per cui verrà sospesa l’accoglienza attiva nei mesi invernali) e di governo. Inoltre, mentre i flussi migratori diretti verso l’Europa sembrano calare, la prolungata marginalità legale e sociale spinge sempre più migranti  – in senso assoluto – a considerare il ritorno, posto che la condizione di “primo paese d’arrivo” dell’Italia renderebbe difficoltoso un trasferimento di lungo periodo in altri paesi europei. Al momento, peraltro, la proposta si presenta come un’alternativa ad accordi di rimpatrio forzato non ancora in essere, che danno una maggiore autonomia decisionale ai migranti, molti dei quali non hanno trovato, in Italia, la sicurezza di cui avevano bisogno.
Prima ancora che una forma di aiuto verso queste persone, dunque, il piano di ritorni volontari può pessimisticamente essere letto come un’ammissione di un fallimento strutturale nei confronti di persone a cui un’accoglienza orientata all’integrazione è rimasta negata, o relegata al volontariato. Più in positivo, invece, anche con numeri decisamente più limitati di quelli su cui opera, per esempio, la Germania, i ritorni-reintegrazioni volontari, grazie a un’assistenza continua e costruttiva, hanno spesso registrato risultati incoraggianti. Non senza resistenze, difficoltà, criticità da risolvere nella governance migratoria in generale, è opportuno che chi potrebbe beneficiare di tale possibilità ne venga informato in modo esaustivo, e che i soggetti locali imparino ad autogestirsi nell’assistere i migranti che decidessero di rimpatriare. [Alida Franchi, ecoinformazioni]

Visita la pagina web del programma sul sito dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni 

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