L’Istituto di storia contemporanea di Como sull’orlo di una crisi…

istituto-perrettaL’Istituto di storia contemporanea Pier Amato Perretta di Como rischia di chiudere. L’allarme, lanciato durante la conferenza stampa convocata nella mattinata del 7 ottobre 2015, vuole stimolare cittadini, associazioni, partiti, sindacati e istituzioni affinché una realtà preziosa come questa non chiuda. E basterebbero davvero poche migliaia di euro.
«Da molti anni siamo ospitati – spiega il presidente Giuseppe Calzati – in uno stabile comunale, grazie a un comodato d’uso firmato dalla giunta guidata dal sindaco Antonio Spallino. Non è poco, ma non basta. La manutenzione, ordinaria e straordinaria, è a carico nostro, così come la luce e il riscaldamento, migliaia di euro l’anno». E, a questo proposito, da tre anni l’Istituto sta facendo fronte al pagamento di vecchie bollette, mai consegnate prima, per un totale di sedicimila euro.
Per lavorare con un minimo di tranquillità sarebbero necessari altri ottomila euro circa all’anno. Gli associati sono un centinaio, a cui si aggiungono una cinquantina fra associazioni, istituzioni locali, sindacati e comuni, fra cui quello capoluogo. «Con le quote e le nostre attività – continua Calzati – riusciamo a raccogliere cinquemila euro. Le risorse pubbliche, negli anni, si sono assottigliare. L’amministrazione provinciale, per esempio, ha subito tagliato la sua quota. Il Comune di Como – che è socio fondatore dell’Istituto – in passato non sempre ha pagato, e anche negli ultimi tempi non è sempre puntuale nel versamento dei suoi cinquecento euro. C’è la quota dell’anno scorso, non ancora quella di quest’anno». A oggi, le uscite superano le entrate.
Da parte sua, l’Istituto, durante l’anno, mette in cantiere un sacco di iniziative: incontri pubblici, seminari, corsi di aggiornamento per docenti e un rapporto intenso con le scuole. Per non parlare del patrimonio conservato in sede e a disposizione di cittadini e studiosi: un archivio cartaceo di circa ottanta mila documenti tra originali e copie, una biblioteca con più di venti mila tra volumi e opuscoli, una fototeca di oltre duemila pezzi, una videoteca con più di mille cassette e un’emeroteca ricca di decine e decine di testate altrimenti non reperibili sul territorio. Se non ci sarà un consistente cambio di situazione, molte di queste attività rischiano un blocco: non tutto certo, perché alcune iniziative sono già varate, anche attese dal pubblico. «Siamo di natura riservata – aggiunge Calzati – e non siamo inclini alla polemica. Ogni attività è portata avanti con fatica. Facciamo un appello affinchè ci sia un sussulto d’attenzione. Siamo una risorsa, vogliamo essere considerati come tali e vogliamo essere messi in condizione di dare il nostro contributo culturale alla città».
L’8 giugno, una mozione del Movimento Cinque Stelle, seguita poi da un successivo ordine del giorno era stata approvata all’unanimità (con astensione, come da prassi, del sindaco) dal consiglio comunale comasco in cui si chiedeva «un incremento congruo di aiuti economici all’Istituto finalizzato al completamento di importanti attività». Nulla accadde: «Manifestazioni di simpatia, interesse e pacche sulle spalle ci sono state – conclude Calzati – il problema è la sostanza. Le diverse proposte avanzate, come la costituzione di una Casa della memoria, finora sono rimaste senza risposta».
L’istituto non è stato coinvolto nemmeno nel processo di discussione per Como capitale della cultura. «È più corretto dire – chiude lapidario il vice presidente Fabio Cani – che siamo stati tenuti fuori. Noi ci siamo fatti avanti più volte, ma di fronte a precise sollecitazioni ci è stato fatto capire che non eravamo “abbastanza pop”». [aq, ecoinformazioni]

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