Mia 2022/ Mimmo Lucano: sindaco, attivista, criminale, martire

Per chiudere il primo giorno, il Meeting internazionale antirazzista a Cecina incontra Mimmo Lucano. Tutti e tutte attendiamo, in un ambiente davvero gremito, le sue parole con massima concentrazione. Se c’è una persona che più di tutte le altre spicca – per intenti, parole, vicende, esempi – nell’ambito della cooperazione internazionale, l’accoglienza e l’antirazzismo, è lui.

Per chi non conoscesse Domenico Lucano, detto Mimmo, è diventato celebre tra giornalisti e attivisti a livello mondiale come sindaco di Riace (Calabria), durante gli anni scorsi, soprattutto durante la crisi europea dei migranti (con moltissime morti di migranti in mare tra il 2013 e il 2016, subito fuori dalla “fortezza Europa”). Il piccolo paese contava allora con 1800 abitanti, e lui è riuscito a accogliere con successo 450 persone tra rifugiate e rifugiati, immigranti e immigrante. Nel 2018 nell’ambito del processo Xenia, viene messo in arresto domiciliare con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Dopo un saliscendi di sentenze contrastanti, premi per il proprio operato, indagini e menzioni d’onore, nel settembre 2021 il Tribunale di Locri lo condanna in primo grado alla pena di 13 anni e due mesi, senza attenuanti. 

La particolarità della storia – e del successo – di Mimmo Lucano è quella della sua posizione nella storia dei fatti. Le sue pratiche (il tanto celebrato “modello Riace” che tanti oggi si sforzano di riprodurre), sono partite quando nessuno parlava di accoglienza in massa, ben prima che il governo stesso avviasse procedure, linee guida o implementasse la burocrazia per gestire l’afflusso di migranti senza precedenti. Per capire meglio la differenza di risposta a livello Italiano, i comuni di Stignano e Caulonia, insieme a Riace, durante la crisi umanitaria di Lampedusa del 2009 diedero disponibilità di 200 posti; Milano ne rese disponibile per 20. La domanda sorge inevitabilmente: come è stato questo possibile? 

La filosofia che ha permesso la nascita del modello Riace, come spiega Lucano stesso durante la conferenza, è quello di fare attenzione al basso, alle persone che tradizionalmente hanno sempre agito in modi simili: le famiglie Rom. Studiando le modalità d’interazione delle famiglie Rom durante la loro Festa della Libertà, è riuscito mettere in atto un ascolto ampio, inclusivo e aperto alle diverse popolazioni presenti, a creare un approccio senza pregiudizi, di libertà, di rispetto. 

Così come Riace, diventata la fiaba vivente, il paese dell’accoglienza: l’ex sindaco racconta la storia di una mamma rimasta insieme alla sua bambina sul treno alla fine delle corse serali; non avendo una fissa dimora in cui recarsi, il capo treno le dice di andare a Riace. Un altro esempio potrebbe essere la creazione di una cooperativa con persone disoccupate e rifugiati/e, per la gestione di un compattatore di spazzatura: in questo modo si creano posti di lavoro e risorse dove tanti hanno solo visto miseria e sporcizia. 
Nel vero spirito della cooperazione e dello co-sviluppo, Lucano parla della svolta vissuta in paese: «Riace, da spopolato e gestito dalla mafia, rinasce con l’arrivo delle persone». Si è visto non più un approccio teorico di una società più umana, ma un tentativo concreto di costruirla con le proprie mani.

Per quanto riguarda i processi legali, questo incontro è successo all’alba di un ulteriore udienza davanti al tribunale. Cita Lucano, «Rifarei tutto di nuovo».  Se le persone migranti non hanno diritti è perché qualcuno lo ha deciso e allora dobbiamo chiederci «ma chi lo ha deciso?» Perchè agire contro quest’assenza è un atto criminale quando si tratta di una violazione ai diritti umani? 

Parole potentissime non si sono trattenute neanche alla fine del intervento, equiparando la guerra a un grande fuoco, e l’invio delle armi in Ucraina all’aggiunta della benzina con l’intenzione di spegnere l’incendio, finendo invece per renderlo più mortale. L’odio verso gli altri viene comparato ad un disturbo del comportamento, purtroppo presente anche nella storica avversione degli italiani del nord a quelli meridionali. Come arma politica questo odio si è trasformato in odio contro le persone extracomunitarie e nati da questi disturbi sono i partiti politici che si alimentano di questo odio, purtroppo arrivando anche a varare leggi basate su esso. «La legalità era anche Benito Mussolini. Non perché è legale è giusto!» [Beatriz Travieso Pérez, ecoinformazioni]

Video dal palco di MIA, intervento di Mimmo Lucano

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