“Nazitalia”: il fascioleghismo genera mostri

Dichiarazioni aggressive, omofobe e razziste,  minacce non troppo velate a personalità o gruppi vulnerabili, pareri gratuiti su questioni che esulano dal suo ambito di competenza, pubblica adozione di simbologie di estrema destra: da poco nominato Ministro degli interni, il leader della nuova Lega ultranazionalista – è certamente in grado di mantenere alta l’attenzione nei suoi confronti e presentarsi come uomo forte (forse l’unico) di un governo nel quale, in principio, rappresentava i vincitori di minoranza. Sullo sfondo, intanto, c’è il vasto, complesso e a tratti inquietante retroscena dei fascismi contemporanei che, complici la crisi europea e una prolungata e colpevole disattenzione politica e civile, aspettavano il momento propizio per uscire allo scoperto.
Questa convergenza tra la Lega salviniana e i movimenti nazifascisti del XXI secolo è analizzata nel dettaglio da Nazitalia. Viaggio in un paese che si è riscoperto fascista [ed. Sperling & Kupfer, 2018], il libro che l’autore Paolo Berizzi, giornalista de La repubblica, ha presentato allo Spazio Gloria del circolo Arci Xanadù la sera di venerdì 22 giugno, in presenza di un pubblico di circa 150 persone, dialogando con Fabio Cani  – presidente e co-direttore di ecoinformazioni, portavoce della rete Como senza frontiere, Giacomo Licata, segretario generale della Cgil di Como, e Ecclesio Galletti, presidente del circolo Arci “Virginio Bianchi” di Cantù e consigliere dell’Arci provinciale di Como (ha introdotto la serata Nicola Tirapelle dell’Anpi sezione di Como).

Appena poche ore prima dell’incontro, i sostenitori locali di Forza nuova hanno voluto mandare un segnale affiggendo nottetempo uno striscione con la scritta “InfamItalia” all’ingresso dello Spazio Gloria (da cui la presenza della Digos nella sera di venerdì). Solo l’ennesima conferma di un dato di realtà la cui evidenza è sempre più difficile negare, e cioè che è in corso un vero e proprio sdoganamento della simbologia e del discorso di ispirazione fascista, di fatto tollerati da un’interpretazione fin troppo restrittiva del concetto di “apologia di fascismo”. Da Dongo a Cantù, passando per il capoluogo, la provincia di Como ha una certa familiarità con i gruppi di “nostalgici” ma, qui come altrove in Italia, il tono un tempo sommesso dei movimenti di estrema destra ha indotto la società ad abbassare la guardia verso un’eventuale “rinascita” nazifascista.
A questo proposito, Berizzi è ben chiaro: è importante saper chiamare le cose con il loro nome, senza cedere a eufemismi prudenti ma pericolosi. Si può dunque andare sul sicuro nel definire l’irruzione all’assemblea di Como senza frontiere come aggressione squadrista, piuttosto che liquidarla come la bravata di “quattro ragazzacci” come fece allora il segretario della Lega, partito che coopta tra le sue schiere più di un aperto simpatizzante di gruppi come CasaPound (che ha già condiviso con la Lega manifestazioni di piazza contro i migranti) o Lealtà e azione, tra gli altri.

Se, da una parte, Nazitalia presenta una vasta casistica di tali “bravate”, alcune direttamente testimoniate dall’autore (che è anche bersaglio di ripetute intimidazioni), il lavoro di Berizzi porta anche alla luce i numerosi punti di contatto tra una fenomenologia chiaramente nazifascista e l’immagine pubblica della Lega, oltre che della persona di Matteo Salvini, che da questo punto di vista appare assai più permeabile di Bossi, a suo tempo apertamente ostile al fascismo. I modelli di riferimento di questo governo («il più a destra che l’Italia abbia mai avuto negli ultimi cinquant’anni», afferma l’autore) sono di per sé numerosi e vari, nell’impostazione ideologica e strutturale come nella distribuzione geografica; ricorrono però alcuni motivi fondamentali, come gli slogan etno-nazionalisti (“prima gli italiani”, o chi per loro), la partecipazione a meeting di gruppi non troppo velatamente nostalgici da parte di esponenti di spicco del Carroccio (l’attuale Ministro della famiglia, per esempio, è vicino a due associazioni di estrema destra), un’insistenza esasperata sul pericolo arrecato dagli “ultimi” (i migranti e le minoranze rom, per fare due esempi noti) ai “penultimi” – aspetto, questo, rilevato anche da Licata – in una scala sociale fortemente gerarchizzata secondo un modello tradizionale.

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Il “fascioleghismo”, insomma, non è uno spauracchio dell’opposizione, ma un esperimento politico reale e a suo modo innovativo, che sta mietendo consensi sempre più ampi e che il polo pentastellato della maggioranza non sa o non vuole contrastare con sufficiente vigore. Non solo questo progetto esclude sostanzialmente le sinistre, quelle moderate e quelle più radicali, ma anzi trae forza proprio dai loro errori e dalle loro omissioni, prendendone il posto nei loro storici campi d’azione (assistenza agli emarginati, aggregazione sociale, sia pur sulla base di criteri specifici) e accusando di ipocrisia e inefficienza gli antagonisti, che possono essere i partiti “tradizionali”, i sindacati, le associazioni e/o le ong, tutti fatti oggetto di campagne di delegittimazione. Una ricetta già varata dai singoli movimenti extraparlamentari di destra («la cui base, pur non raggiungendo il 3 per cento, si è comunque sostanzialmente allargata rispetto a dieci anni fa», mette in guardia Berizzi,ricordando la capillarità e la multiformità anche “estetica” e operativa di  tali gruppi) che, agendo concretamente nella distribuzione di beni e servizi nelle periferie dimenticate dallo Stato, si sono presentate come più attenta e più potente alternativa, spesso affiancati da associazioni a delinquere di stampo mafioso o para-mafioso. Questi meccanismi hanno gettato le basi di una strategia di comunicazione e di propaganda facilmente assorbita da una forza politica per certi versi più mainstream come è quella della Lega, rafforzata anche da “appropriazioni” valoriali dal cattolicesimo e da quello stesso Stato di diritto (incarnato dalla Costituzione) che il fascismo, in ogni tempo e per definizione, mira a distruggere alla base.

nazitalia sala

Non è che il fascismo sia di nuovo un pericolo: lo è sempre stato. Come sistema di disvalori, (almeno) dal ventennio in poi, ha sempre posto un rischio concreto alla società, e non soltanto a quella italiana d’origine (questa “rinascita” avviene oggi, con modalità e ritmi diversi, in tanti paesi), specialmente in periodi di forte e diffusa tensione come è quello avviato dalla crisi di dieci anni fa. Il pericolo è tanto maggiore quanto più limitata è l’attenzione ai fattori di rischio, sia nella percezione che nell’attivo contrasto degli stessi; tuttavia, come evidenziato da diversi interventi dei relatori e del pubblico (oltre che dall’esperienza locale), il nazifascismo contemporaneo attacca là dove l’antagonismo è realmente attivo, in maniera forse imperfetta, ma costante, senza abbassare la testa dopo attacchi lanciati in modo tendenzialmente vile e senza rispondere alla violenza – anche un’intimidazione lo è  – con la violenza. Un impegno confermato anche la sera del 22 giugno grazie alla collaborazione di molte realtà del territorio comasco, che tuttavia rilanciano la necessità di estendere e rafforzare, attraverso il dialogo, l’opposizione ai fascismi e chiunque, sotto ogni nome, ne faccia esercizio. [Alida Franchi, ecoinformazioni] [foto di Gianpaolo Rosso, ecoinformazioni] [Contro la paura facciamo cultura, cinegiornale di Andrea Rosso, ecoinformazioni]

All’iniziativa di Como, organizzata da Anpi sezione di Como, Arci, Cgil e Como senza frontiere, hanno  aderito:  Anpi provinciale, Istituto di storia contemporanea Pier Amato Perretta, Legambiente Como, Partito democratico Como, Rifondazione comunista, Potere al popolo, L’altra Europa, Sinistra italiana – Leu, Giovani democratici, Giovani comunisti, La prossima Como, Osservatorio democratico sulle nuove destre di Como e provincia, Partito democratico provincia di Como.

Già on line sul canale di ecoinformazioni tutti i video dell’iniziativa.

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