Le campagne si incontrano

Venerdì 5 marzo si è svolto il webinar Collaborare per costruire: le campagne si incontrano organizzato da Cantiere Casa Comune a cui hanno aderito : Io accolgo, Ero Straniero, LasciateCIEntrare, Forum per cambiare l’ordine delle cose.

L’incontro fa parte di un percorso di incontri quindicinali per approfondire la realtà delle migrazioni con vari esperti/e, testimoni, attivisti/e, partendo dalle coppie di verbi di Papa Francesco relative ai migranti: dopo il Conoscere per Comprendere, il Farsi Prossimo per Servire, il Riconciliarsi per Ascoltare, il Crescere per Condividere, il Coinvolgere per Promuovere, nell’ultimo incontro si affronta la coppia Collaborare per Costruire. Il focus sarà sulla presentazione di campagne significative per il riscatto dei migranti e delle possibili sinergie tra loro per intraprendere un impegno comune e costruire una modalità di pensiero alternativa a quella presente al momento. Ciascun esponente, partendo da una foto significativa, ha presentato la propria campagna.

Teresa Menchetti, in rappresentanza del Forum per cambiare l’ordine delle cose, ha spiegato che questo non è un movimento per i diritti dei migranti: è un movimento per i diritti di tutti, indipendentemente dalle provenienze, in particolare per il diritto al viaggio, ed il diritto a stare bene assieme sui nostri territori. L’obiettivo è quello di modificare le politiche migratorie, muovendosi sui tre livelli: territoriale, nazionale ed europeo. Le richieste di cambiamento nascono dalla concreta esperienza di operatori e operatrici dell’accoglienza e dell’intercultura. Il Forum Per cambiare l’ordine delle cose, nato il 3 dicembre 2017, rappresenta una confluenza di realtà e territori diversi, che trovano in una dimensione di rete lo spazio per costruire campagne di comunicazione, di condivisione di pratiche, di advocacy e di pressione sui rappresentanti istituzionali per il cambiamento delle leggi.
Una delle campagne a cui ha dato vita è quella chiamata “Visto”, per sensibilizzare la società sull’invisibilità a cui troppe persone sono state costrette dopo la legge 132 (Legge Salvini) e per sollecitare la politica a cambiare questi decreti e a riformare il sistema di accoglienza, avanzando proposte ed emendamenti che hanno portato a risposte non soddisfacenti, ma importanti. Purtroppo l’arrivo della pandemia ha reso più difficili le iniziative pubbliche. Il Forum ha mantenuto, però, un contatto con realtà territoriali che sono diventate le antenne per capire le esigenze che potrebbero avere un valore di trasversalità per costruire buone prassi. Ha anche continuato a far parte di un Coordinamento europeo, con azione di contrasto alle attuali politiche.

Simona Sambati, della campagna Ero straniero ha evidenziato come l’attenzione è stata focalizzata sulla raccolta firme per la presentazione di una legge di iniziativa popolare dal titolo “Nuove norme per la promozione del regolare permesso di soggiorno e dell’inclusione sociale e lavorativa di cittadini stranieri non comunitari”, depositata con oltre 90.000 firme alla Camera dei deputati il 27 ottobre 2017, frutto del lavoro e dell’esperienza di tante realtà, anche molto diverse tra loro, tra cui sindaci, parrocchie, negozi del commercio equo e solidale e associazioni. Il testo consta di 8 articoli, con proposte fattibili su come governare i flussi migratori e combattere l’irregolarità, con l’obiettivo di arrivare alla cancellazione della legge Bossi-Fini. L’iter parlamentare è iniziato 18 mesi dopo, l’11 aprile 2019, avviando così un percorso che agisce su due aspetti: da una parte induce un cambiamento culturale di approccio al fenomeno e dall’altro determina una modifica dell’aspetto legislativo. Un altro ambito dove la campagna “Ero straniero” si è spesa è stato quello della lotta all’irregolarità: è stata svolta una ricognizione rispetto allo stato di avanzamento dell’esame delle domande di emersione e regolarizzazione presentate da giugno ad agosto 2020, in seguito all’intervento del governo col decreto “rilancio” a maggio 2020. Sono stati raccolti i dati dal ministero dell’interno e da prefetture e questure nei diversi territori – attraverso una serie di accessi agli atti – e informazioni dalle associazioni di tutela e patronati che, in varie parti d’Italia, hanno seguito cittadini stranieri e datori di lavoro nella presentazione delle domande. Ne è emerso un quadro preoccupante in tutti i territori, con ritardi gravissimi e stime dei tempi di finalizzazione delle domande improbabili, di anni se non decenni.

Yasmine Accardo, della campagna LasciateCIEntrare, spiega che la loro attività è nata nel 2011 per contrastare una circolare del Ministero dell’Interno che vietava l’accesso agli organi di stampa nei CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione) e nei Cara. (Centri di accoglienza per richiedenti asilo). Dall’autunno del 2012 la campagna promuove azioni di testimonianza e pressione politica per chiedere esplicitamente la chiusura dei Centri di identificazione e di espulsione. Tuttavia, dopo una parziale messa in discussione delle politiche fallimentari di detenzione, le disposizioni del ministro dell’Interno Minniti – riprese dall’ex ministro dell’Interno Salvini – sono andate in tutt’altra direzione poiché hanno reintrodotto i Cpr (Centri di Permanenza per il Rimpatrio) centri chiusi, con l’incremento dei giorni di trattenimento (da 90 a 180). In questo contesto la campagna non si è mai fermata. Ha continuato a effettuare visite e monitoraggi con il coinvolgimento di parlamentari e associazioni, ha prodotto centinaia di rapporti sulle visite nei centri e sulle criticità riscontrate, sulla disumanità dei trattamenti e spesso totale negligenza con la quale anche gli organi di Governo periferici – le Prefetture – gestiscono gli appalti e garantiscono agli enti gestori cifre ingenti che non corrispondono ai servizi di cui hanno diritto, per legge, i migranti. Attualmente è molto difficile avere immagini perché vengono ritirati i telefonini e negata la comunicazione all’esterno. Capire e raccontare cosa accade in questi luoghi è estremamente difficile a causa della discrezionalità con la quale le richieste di accesso vengono gestite e trattate. Purtroppo non si è riusciti ad essere sufficientemente incisivi e a dare forza alle persone migranti anche per la difficoltà ad interagire con istituzioni sorde. Probabilmente uno dei limiti è stato quello di parlare sempre di mal accoglienza, in termini negativi, anziché mettere in evidenza le buone pratiche. Questo è stato utilizzato dalle destra per affermare che l’accoglienza non va fatta. Un’altra denuncia della nostra campagna è quella sulla gestione della quarantena dei migranti in arrivo, nei CAS o sulle navi. Da un punto di vista politico, le navi quarantena e i centri quarantena rappresentano ulteriori strumenti per attuare politiche di selezione e respingimento dei migranti. Infatti, sembrano essere utilizzati come “hotspot galleggianti” – ovvero, piattaforme in mare per operare la selezione arbitraria e preventiva tra richiedenti asilo e migranti economici. In numerosi casi, ai migranti è stata imposta una quarantena protratta fino a mesi, nonostante l’esito del tampone negativo – a cui sono seguiti rimpatri, senza la possibilità di manifestare e formalizzare la richiesta di protezione internazionale. Ad aggravare e consolidare questa condizione di abusi è la sistematica mancanza di informativa legale e sociale, la negligenza nell’individuazione di vulnerabili e minori, lo stato di abbandono a cui sono lasciati i migranti, soggetti a violazioni gravi della loro libertà e dei loro diritti. Osservazioni critiche sul ricorso alle navi quarantena sono state sollevate dal punto di vista strettamente sanitario. Si sono verificati anche casi con 800 persone a bordo e solo 18 operatori che le assistevano. Secondo vari esperti, è sbagliata la decisione di tenere numerose persone potenzialmente infette stipate a bordo di navi, dove è impossibile il distanziamento e l’isolamento completo dei casi positivi e dove non è chiaro se ci sia il necessario per curarle o per trasferirle rapidamente in ospedale nel caso ci fosse bisogno di ventilazione. Si aggiungono anche le preoccupazioni circa l’acuirsi delle situazioni di salute pregresse e di disagio psicologico che le misure di quarantena a bordo possono provocare su individui che hanno spesso già subito eventi traumatici di varia natura, violenze, privazioni e torture. In questo modo il principio di tutela della vita umana non è applicato alle vite dei migranti che continuano a sopravvivere in zone grigie sospese. Infine questo “modello” di gestione in mare della quarantena preventiva costa alla collettività almeno quattro volte di più rispetto alle punte più alte toccate dai bandi per l’accoglienza (a terra) delle persone migranti e tutto questo a vantaggio solo degli armatori che mettono a disposizione le navi.

Dai dati del report finale del ministero dell’interno, il totale delle domande ricevute ammonta a 207.542: l’85 per cento del totale delle domande trasmesse (176.848) riguarda il lavoro domestico e di assistenza alla persona, mentre le domande per l’emersione del lavoro subordinato (agricoltura, pesca, altro) hanno riguardato il 15% del totale (30.694). Per quanto riguarda invece l’altra procedura prevista nel decreto “rilancio” (art. 103, comma 2), sono state 12.986 le richieste di permesso di soggiorno temporaneo presentate direttamente da cittadini stranieri (e non dai datori di lavoro come nell’altra procedura): un numero molto basso, com’era prevedibile dal tipo di requisiti richiesti. Tuttavia, proprio considerando le tante restrizioni della procedura straordinaria voluta dal governo, le oltre 200.000 domande presentate sono state una testimonianza tangibile del desiderio di mettersi in regola di decine di migliaia di lavoratori e lavoratrici costretti al lavoro nero dalla impossibilità di avere un permesso di soggiorno regolare. Al 31 dicembre 2020, delle oltre 207mila domande presentate dai datori di lavoro di cittadini stranieri per l’emersione di un rapporto di lavoro irregolare o l’instaurazione di uno nuovo, sono stati rilasciati 1.480 permessi di soggiorno in tutta Italia (lo 0,71% del totale).  A causa dell’emergenza Covid si sono convocate pochissime persone (circa 12 al giorno) ed è quindi chiaro che se questa è la prospettiva, ci vorranno anni per concludere le procedure di emersione in corso, tenendo anche conto delle tante differenze territoriali. (sul sito è consultabile l’intero dossier). La campagna Ero straniero chiede pertanto al Ministero dell’Interno un intervento immediato per consentire a quante più persone di portare a termine la procedura avviata, vivere in sicurezza e lavorare legalmente nel nostro Paese, poiché le conseguenze di tali enormi ritardi pesano sulla vita di chi ha fatto richiesta di emersione ed è ancora in attesa di risposta, costretto a restare nell’incertezza e nella precarietà. La situazione appare grave anche nella prospettiva dell’emergenza sanitaria: è fondamentale che il maggior numero di persone in possesso dei requisiti esca il prima possibile dall’invisibilità, in modo da poter garantire l’accesso alle cure, una più efficace programmazione vaccinale e una quanto più ampia copertura della popolazione. Occorre un intervento a lungo termine che permetta di ampliare le maglie della regolarizzazione e favorire l’integrazione, uno strumento di emersione su base individuale e sempre accessibile, che dia la possibilità, a chi è senza documenti, di mettersi in regola a fronte della disponibilità di un contratto di lavoro o se si è radicati nel territorio, come accade, per esempio, in Germania o in Spagna. Occorre introdurre canali di ingresso per lavoro che facilitino l’incontro dei datori di lavoro italiani con i lavoratori dei Paesi terzi, governando i flussi verso il nostro Paese, senza costringere chi migra a farlo attraverso rotte irregolari sempre più pericolose. Soluzioni, queste, previste nella proposta di legge di iniziativa popolare.

Filippo Miraglia, Arci, della Campagna Io accolgo, spiega che questa campagna nasce, su iniziativa di un ampio fronte di organizzazioni della società civile, enti e sindacati, per dare una risposta forte e unitaria alle politiche sempre più restrittive adottate dal Governo e dal Parlamento italiani nei confronti dei richiedenti asilo e dei migranti (la “chiusura dei porti”, il “decreto Sicurezza” ecc.), che violano i principi affermati dalla nostra Costituzione e dalle Convenzioni internazionali e producono conseguenze negative sull’intera società italiana. Lo scopo prioritario è quello di favorire cambiamenti culturali e di approccio al fenomeno delle migrazioni dando voce ai cittadini che condividono i valori dell’accoglienza e della solidarietà e che vogliono esprimere il loro dissenso, mettendo in rete le iniziative già attive e promuovendone di nuove. Non importa essere minoranza. I media oggi danno molto spazio a chi lavora contro, mentre poco spazio viene dato a chi presenta buone pratiche. E’ fondamentale quindi mettere in campo un bilanciamento con realtà che fanno interventi di accoglienza e di inclusione sociale. Anche questa campagna nella fase iniziale ha funzionato molto bene, ma con la pandemia non è stato più possibile organizzare iniziative pubbliche o di piazza e molti processi sono stati bloccati. Questo repentino cambio di stagione deve far ripensare alle priorità, senza trascurare di avere costantemente una campagna di informazione alternativa, perché questo continuare ad esternalizzare le frontiere va bene a tutti, tranne che alle minoranze che denunciano. Bisogna rilanciare il concetto dell’”Umanità che fa bene”, soffermandosi sul termine “umanità” perché quello a cui si sta assistendo è un progressivo peggioramento dei diritti e su questi aspetti si gioca la tenuta del tessuto sociale. Anche il comportamento delle diverse amministrazioni pubbliche cambia in relazione all’andamento culturale del momento, per questo la battaglia culturale può avere la capacità di orientare il dibattito. Finora nelle diverse campagne ci sono state differenze solo dal punto di vista della pratica. Spesso le coalizioni sono nate e nascono in mondi diversi. Non è una cosa negativa, ma quello che spesso manca è la tensione verso una convergenza. Sarà responsabilità di ciascuno trovare una condivisione per intraprendere vertenze comuni come la denuncia delle navi quarantena, i CPR, i CAS, i respingimenti. A volte ci si scontra perché non c’è un riconoscimento reciproco, ma tutte le organizzazioni hanno un radicamento territoriale e questo è un ottimo punto di partenza per vincere istanze anche nazionali. Ma ancora più importante è la consapevolezza che nessuna battaglia sarà vinta finché non verranno coinvolti gli stranieri. Paradossalmente, negli anni ‘90, con numeri di immigrati molto minori, c’erano molti più leader stranieri. E’ vero che i tempi sono cambiati: c’è uno spazio politico respingente e, anche a causa dei nostri insuccessi, le persone si sono rinchiuse in se stesse. Se non saranno gli stranieri a prendere in mano le battaglie andremo incontro ad altre sconfitte

La serata è stata conclusa da un esponente del Cantiere casa comune. Questi incontri hanno come finalità quella di mettere insieme le forze per portare avanti progettualità per cambiare la cultura. Il prossimo passo sarà una tavola rotonda di tutti gli esponenti delle reti per capire cosa questo percorso ha lasciato, ma per pensare anche cosa progettare per il futuro. Il prossimo e conclusivo appuntamento sarà quindi il 19 marzo, sempre alle 20.30 sulla piattaforma Zoom, ad un link che verrà reso noto nei prossimi giorni. [Manuela Serrentino, ecoinformazioni]

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