Non è un caso né una consuetudine generalizzata che abbia usato il maschile nel titolo: l’intenzione di Monica Lanfranco nel suo ultimo libro, Mio figlio è femminista (VandA edizioni), ha proprio come sottotitolo «crescere uomini disertori del patriarcato». D’altronde, essendo lei stessa madre (femminista) di due figli maschi, ha condensato le proprie – sudatissime – esperienze in un decalogo prezioso discusso, in lungo e largo, nel corso della presentazione all’Istituto Carducci di Como sabato 2 dicembre.

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Per tirarsi fuori dalle logiche di un sistema oppressivo occorre pensare fuori da esso: ecco che allora la presentazione di un libro si trasforma in un momento di dialogo corale, proprio come nella prima lezione della Scuola di pace, svoltasi immediatamente prima.
Un cerchio di persone sedute invoglia la condivisione e annulla le distanze: così la scrittrice Monica Lanfranco, insieme a Celeste Grossi (Arci nazionale, delegata Politiche di genere) e Mariateresa Lietti (Donne in nero, Como), mette in comune la propria esperienza personale di madre e attivista femminista; cominciata con punto G e Marea, proseguita prima con il libro Uomini che (odiano) amano le donne e poi con il laboratorio teatrale Manutenzioni – Uomini a nudo, un momento di presa di coscienza maschile sulle dinamiche maschiliste del linguaggio violento (quotidiano e non solo).
Infine, approdata nel «personale è politico»: crescere dei figli al di fuori di uno schema-gabbia che opprime chiunque, a prescindere dal genere. Ecco allora che Crescere uomini – Le parole dei ragazzi su sessualità, pornografia e sessismo è uno spaccato doloroso e urticante da cui partire per toccare con mano le sbarre di quella gabbia, in cui ci si ritrova rinchiusi fin da piccole/i.

Ecco che allora Mio figlio è femminista diventa insieme punto di arrivo e partenza insieme: in esso sono contenute infatti le radici che ancorano saldamente Monica Lanfranco al proprio vissuto e i semi per continuare «a mettere al mondo un mondo» soprattutto una sessualità (sperimentata, parlata, percepita e discussa) migliore.
Rispettare il consenso e i corpi, promuovere modelli diversi di crescita e esempio, raccontarsi e raccontare le proprie emozioni e l’amicizia sono solo alcune delle buone pratiche illustrate per crescere «cuccioli d’uomo» disertori del patriarcato, attuando un conflitto costruttivo capace – sulla lunga, lunghissima distanza – di scardinare e decostruire la tirannia del patriarcato (e la sua arma più efficace, quella violenza che non è altro che «negazione del riconoscimento di una relazione esistente»).
Ma forse non basta: nel dialogo a più voci intessuto nel corso della serata, la preoccupazione di chi ha figli e figlie (ma anche nipoti) da crescere è la testimonianza di quanto questo libro sia necessario e urgente nella percezione di chi è madre, padre, nonno, nonna. Esperienze, proposte e riflessioni si susseguono spontaneamente, alterando la canonica formula rituale della “presentazione + domande alla fine” e trasformandola in un momento vivace e dai forti chiaroscuri di coscienza e autocoscienza intersezionale e intergenerazionale; accanto a madri, padri, nonne, nonni, zie e zii, quelle/i «cuccioli/e d’uomo» che furono, ora giovani uomini e donne, comunque presenti nella sala e ugualmente impegnati – col proprio morso, forse diverso, ugualmente tenace – nell’opera di erosione delle sbarre di cui sopra. [Sara Sostini, ecoinformazioni] [

Video di Gianpaolo Rosso, ecoinformazioni; foto di Fabio Cani, ecoinformazioni]

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