Giorno: 2 Luglio 2017

Il Nabucco attualizzato all’Arena

Nabucco è principalmente un’opera sul potere, sulle sue degenerazioni e sul rapporto con la religione. Il tutto – ovviamente – declinato all’interno di un sentire ottocentesco, che oggi appare per molti versi difficilmente decifrabile. Certamente, Giuseppe Verdi, attraverso il librettista Temistocle Solera, intendeva anche farne una metafora del riscatto nazionale, ma da un lato la data precoce (la prima a Milano ha luogo nel 1842) dall’altro le esigenze di onesta dissimulazione, per non scontrarsi troppo con le problematiche politiche, fanno sì che il messaggio sia piuttosto contraddittorio e, forse, più “ricostruito” dai posteri che delineato dagli autori.

Su questo sfondo, l’attualizzazione di questa vicenda piuttosto complicata e persino un po’ squinternata, almeno per i moderni, che non hanno eccessiva familiarità con la nomenclatura biblica, risulta piuttosto impervia.

Seguendo quella che è ormai una consuetudine accolta con favore dal pubblico, il Teatro Sociale di Como nella sua stagione estiva all’Arena si cimenta in una messa in scena di ampio respiro, forte della partecipazione popolare che, dalla celebrazione del bicentenario, ingrossa i ranghi del coro e dei figuranti, sempre animati da uno straordinario entusiasmo. Nell’ampio spazio dell’Arena, quindi, libero dalla gerarchia tipica degli spazi teatrali interni, il Nabucco si svolge in una approssimativa attualità, cui fa gioco il coinvolgimento del pubblico parte della stessa messinscena.

Il riferimento cronachistico è, forse per l’aspirazione a mantenere il livello metaforico (ma forse anche per restare nel clima tortuoso della vicenda biblica), un po’ contraddittorio: gli oppressori babilonesi sembrano all’inizio interpretati da “antagonisti” (come nel prologo, ancora fuori dall’Arena, con la “contestazione” dello spettacolo, che – incredibilmente! – trae in inganno qualche spettatore), ma poi, nel proseguimento della vicenda, assumono modi e apparenze da Gruppo Stato Islamico e da Talebani (si vedano le citazioni dei pick-up e delle motociclette, ma anche la facile assonanza tra l’antica Assiria e la Siria tragicamente attuale), salvo qualche intermezzo in cui ci si richiama evidentemente alla Corea del Nord (passando comunque per allusioni visive a The Wall di Rogers Waters); da parte loro, gli oppressi ebrei sono all’inizio presentati come Vip e poi come internati dei campi di concentramento o come profughi in un CIE.

Gli elementi propriamente di ambientazione sono ridotti al minimo, decisamente sovrastati dall’attrezzeria di scena; e qui e là una maggiore sobrietà avrebbe forse giovato: l’esibizione di fucili mitragliatori è a tratti esagerata e si sarebbero potute evitare anche le etichette dei fornitori (sponsor?) delle recinzioni di concentramento…

L’utilizzo dello spazio e dei movimenti delle masse è però assai interessante, e lo spettacolo “popolare” è trascinante come dev’essere l’opera. Né sono mancate alcune invenzioni sceniche particolarmente efficaci come il fulmine, che neutralizza Nabucco dopo la sua blasfema proclamazione a dio, trasformato in un buio improvviso e totale.

Dal punto di vista musicale, non si può fare a meno di notare che l’esecuzione all’aperto, dovendo necessariamente far uso di amplificazione e fare i conti con i rumori d’ambiente, penalizza a tratti alcune sottigliezze esecutive, che non sono comunque mancate: lo stesso coro Va’ pensiero è giustamente “sussurrato” come una dolorosa invocazione invece di essere enfatizzato come un inno politico. Tra i protagonisti è sembrato particolarmente convincente proprio Nabucco, forte anche di una notevole presenza scenica, perfettamente a suo agio tra praticabili e cassoni di pick-up.

Alla fine, i babilonesi, ridiventati “buoni” sull’onda della conversione del loro re, dopo essere stati “cattivi” in modi diversi, coinvolgono il pubblico chiamato a partecipare all’ultima scena, letteralmente circondato dal canto e dalla musica.

È il giusto suggello per una festa di cultura “partecipativa” cui l’opera ha sempre aspirato. Fin dall’Ottocento.

Il 4 luglio l’ultima replica: si spera, tempo permettendo, ancora nello spazio dell’Arena.

[Fabio Cani, ecoinformazioni]

 

Di seguito: alcune immagini dello spettacolo, tutte scattate dallo stesso punto della platea.

 

 

 

 

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