Anno: 2017

Svolta civica/ Landriscina contro i poveri

Svelata ormai unanimemente la bufala a cui pure qualcuno ha creduto o ha fatto finta di credere che l’ordinanza per ripulire le strade e darle come regalo natalizio ai commercianti fosse determinata dal desiderio (durante la Città dei balocchi?) di contrastare il racket dell’elemosina. Nessun dubbio l’ordinanza di Landriscina è fatta per colpire i poveri non la povertà. Di seguito la denuncia  di Traglio, Minghetti e Nessi di Svolta civica che incautamente erano caduti nella trappola del centrodestra approvando la delibera che ha dato al sindaco il mandato che gli ha permesso di colpire i poveri della città.
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Erodi nella città dei Balocchi

Riprendiamo la denuncia dei volontari dalla pagina facebook di WelCom – Osservatorio migranti Como. «Nuovi erodi sempre uguali. Ieri mattina [domenica 17 dicembre ndr], come tutte le mattine da più di sette anni, ci siamo recati presso l’ex chiesa di san Francesco a Como per distribuire la colazione (ma soprattutto un’occasione di relazione), alle persone che dormono fuori perché senza casa.  (altro…)

18 dicembre/ Potere al popolo a Como

Rifondazione comunista propone  anche a Como il percorso di Potere al popolo iniziato il 18 novembre a Roma con l’assemblea di Je so pazzo finalizzato alla formazione di un’altra lista di sinistra diversa e concorrente di Liberi/e uguali. Nel documento che riportiamo integralmente colpisce (ma potrebbe anche essere un segnale positivo, unitario) la mancanza di ogni riferimento alla proposta di Mdp, Sinistra italiana, Possibile, dalla quale il Prc è stato escluso e si è autoescluso. (altro…)

18 dicembre/ Oltre il giardino/ Sì, viaggiare

Viene presentato lunedì 18 dicembre alla 17,30, allo Spazio Parini in via Parini 6 a Como il nuovo numero di Oltre il giardino, prodotto dall’omonima onlus. Il tema questa volta è il viaggio e per chi ha già incontrato questa singolare esperienza di editoria sociale è chiaro che non si tratta di turismo. Qui si parla di viaggi reali e immaginari alla ricerca di sé, di come portare per il mondo le valigie, talvolta pesanti, della propria anima.

Tra i molti interventi di questo numero, segnaliamo il reportage fotografico (Gin Angri) sulle cure palliative ai malati terminali, il rapporto per immagini della partecipazione di Oltre il giardino alla XVII Mostra internazionale di arte contemporanea, la toccante storia siciliana di Tinuccia e quella “del Luigi”, i racconti di viaggio (in treno, a piedi, in moto, in macchina o stando fermi, magari sognando) dall’Armenia, dal Marocco, dal Sahara, dal Perù, dal Gambia, dal Burkina Faso, dall’India, dal Nord Europa, ma anche da Bellagio, da Milano o da Cantù.Come è nello stile della rivista, il linguaggio è spesso poetico, fortemente affidato alla fotografia, e non mancano testi ironici e interventi artistici, oltre all’immancabile “fumetto di Mario”. [Andrea Rosso, ecoinformazioni]

Fotografie come antidoto al razzismo

Appena varcata la frontiera elvetica (quella frontiera chiusa per tanti migranti) si incontra una sfilata di volti: donne, uomini, bambini, bambine, giovani, vecchi… Sono tutti ritratti della razza umana, eseguiti dallo studio di Oliviero Toscani in collaborazione con le Nazioni Unite Human Rights.

L’esposizione in strada è una sezione “esterna” della mostra dedicata al fotografo al m.a.x.museo di Chiasso, ma è soprattutto un invito a tutte le persone a guardare gli altri, vicini e lontani, così da comprendere quanto siano privi di senso tutti i deliri sulle “razze”.

Nella sua elegantissima semplicità, la mostra è un ottimo antidoto, senza effetti collaterali.

Basta attraversare la frontiera. Chi può.

[Fabio Cani, ecoinformazioni]

Essenziali informazioni sui Rohingya in un incontro allo Spazio Parini

La serata di venerdì 15 dicembre ha visto allo Spazio Parini un’interessante iniziativa dedicata alla persecuzione dei Rohingya, popolazione di religione musulmana insediata nelle aree ai confini tra Birmania (o Myanmar che dir si voglia) e Bangladesh, persecuzione di cui in questi mesi si parla molto, ma spesso senza troppe informazioni precise di prima mano.

Ecco perché l’incontro con Matteo Dominioni, storico e ricercatore, ed Emanuele Giordana, giornalista collaboratore del quotidiano “il manifesto” e grande conoscitore dell’Asia, è stato meritevole, cioè estremamente utile nel dare alcune informazioni di base, quasi sempre dimenticate nella cronaca quotidiana.

Il problema dei Rohingya è un’eredità del colonialismo britannico nella zona – ha spiegato Matteo Dominioni – ovvero di una politica che ha unito e diviso popoli e territori senza alcuna considerazione per la loro storia, ma solo in base alle esigenze della politica (e soprattutto dell’economia) dell’Occidente. I Rohingya sono stati infatti in gran parte introdotti in alcune zone birmane in tempi relativamente recenti, e proprio per questo, oggi, la loro persecuzione è giustificata con il loro essere “immigrati irregolari” per quanto di lunga durata.

Ma il problema del dramma dei Rohingya è anche di capire quali siano le dinamiche in atto, se si tratti di un vero e proprio “genocidio” in corso, oppure di più generici atti di guerra o di un “espatrio indotto” per quanto con atti di violenza.

A queste domande ha cercato di rispondere Emanuele Giordana che, pur ricordando che la sua frequentazione dell’area birmana non è potuta essere continua, ha messo a disposizione le sue notevoli conoscenze della storia e dell’attualità della zona. A suo parere contro i Rohingya è stato messo in atto un piano di persecuzione preordinato, con l’obiettivo di accaparrarsi i territori da loro precedentemente occupati. Le cifre di questa “pulizia etnica” sono imponenti: fino al 2016 si potevano contare nella zona circa 1.200.000 persone di questo popolo (di cui comunque già 200 mila confinate in campi profughi nello stato federale birmano dell’Arakan, proprio in ragione della loro persecuzioni), l’emorragia verso il Bangladesh comincia nell’ottobre 2016, con almeno 100 mila allontanamenti, ma poi si fa ancora più drammatica nel corso degli ultimi mesi tanto che oggi non restano entro i confini birmani più di 300/350 rohingya, essendo stati espulsi negli ultimi mesi circa 700 mila. Da agosto, poi, la persecuzione si è fatta particolarmente violenta, con l’uccisione di qualche migliaio di persone (la cifra esatta è impossibile da calcolare, ma un recentissimo rapporto di Amnesty international parla di circa 9 mila vittime, tra cui molti bambini e bambine).

A fronte di questa situazione si parla quindi – ha ricordato Giordana – di “genocidio a bassa intensità”, poiché la pulizia etnica e l’eliminazione della popolazione rohingya si esercitano con un ritmo non troppo rapido e – soprattutto – nell’indifferenza della maggioranza della popolazione civile birmana che ha sempre considerato questa popolazione musulmana come un’intrusa, e che ne ha di fatto sancito una sorta di apartheid.

Queste manovre sono state sempre condotte in prima persona dall’esercito, che già nel 1982, attraverso una legge della allora giunta militare, ha tolto lo status di legittimità ai rohingya, di fatto portandoli a un condizione di illegalità di massa. Negli ultimi anni non molto è cambiato, e la drammatica evoluzione dei mesi più recenti è lì a dimostrarlo. Anche un parziale ritorno alla democrazia non è servito a rimettere in discussione l’atteggiamento nei confronti dei Rohingya. L’estrema prudenza (per non dire reticenza) della premo Nobel Aung San Suu Kyi è probabilmente da attribuire proprio alle considerazioni di natura squisitamente politica rispetto all’atteggiamento della maggioranza della popolazione. In fin dei conti – si è suggerito – l’intervento più diretto, anche se sempre non esplicito, è stato quello del pontefice Francesco, che in qualche modo, sia pure indirettamente, ha sollevato il problema nel suo recente viaggio nell’area asiatica.

E l’Occidente, l’Europa, l’America, che fanno nel frattempo? Nulla o quasi. Del resto – come è stato provocatoriamente ricordato nella serata – chi mai, solo qualche mese fa, aveva sentito parlare di questo strano popolo, di cui a malapena si riesce a pronunciare il nome?

Nell’inazione generale, compresa quella totale del governo italiano, le violenze continuano, e presto, nonostante i timidi tentativi di accordi per un parziale rientro dei Rohingya in Birmania, il genocidio rischia di essere perpetrato fino in fondo.

[Fabio Cani, ecoinformazioni]

Gabbia senza prigionieri/ Val Mulini/ Il sogno realizzato a metà dei razzisti comaschi

Non sappiamo se la “bonifica” (che orrore, anche il termine) del piccolo anfratto dell’autosilo dei record del Comune di Como (il Val Mulini è l’unica struttura di questo tipo vuota d’Europa) che ha dato rifugio grazie all’opera, osteggiata da Comune, di Como accoglie soddisferà le ansie razziste delle destre comasche. La nostra è una pura illazione, ma forse per molti esponenti di quelle che nel resto dell’Europa sono forze che seppur liberiste si richiamano a ideali liberali,  mentre a Como sono il braccio politico dei Ku klux clan locali, il sogno era richiudere i migranti in quella gabbia che con solerzia degna certamente di miglior causa e con dispendio di ingenti quantità di denaro pubblico (pare 20 mila euro) è stata lestamente costruita rendendo “finalmente” del tutto inutilizzabile per tutti uno spazio pagato dai cittadini e dalle cittadine comasche. (altro…)

Al Terragni I Diritti umani fanno scuola

Non sappiamo se l’invalsi ne terrà conto in uno dei suoi infiniti inqualificabili test con i quali maldestramente si cerca di creare graduatorie tra scuole e insegnanti.. Disperiamo che il resto della stampa ne darà conto perché troppo presa dalla cronaca nera,  dalla politica nera e a giustificare l’attacco ai Diritti umani quotidiano nella nostra provincia, ben testimoniato dalla vergognosa realtà di un muro contro i migranti all’autosilo Val Mulini di Como da qualche giorno non solo monumento all’incapacità delle amministrazioni comunali di rendere utilizzabile un autosilo  (unico vuoto in Europa) ma anche alla capacità di sperperare con grande velocità ingenti somme di denaro pubblico per gli spot elettorali della Lega.  (altro…)