Riconversione e settore pubblico contro la crisi del lavoro

Si è tenuto, al CineTeatro Oratorio di Cernobbio nella mattinata di mercoledì 21 settembre, l’attivo provinciale della Cgil, Emergenza energetica e lavoro. Ad aprire i lavori,è stato Umberto Colombo, segretario generale della Cgil Como, mentre il fulcro del dibattito è stata la relazione offerta da Andrea Di Stefano di Radio Popolare, il Fatto Quotidiano e Micromega.
In conclusione, Alessandro Pagano, Segretario generale di Cgil Lombardia, è intervenuto per tirare le fila della giornata.

Umberto Colombo ha introdotto sottolineando il collegamento ideale con il congresso del 14 settembre, ma anche con le elezioni del 25 settembre, momento cruciale della politica italiana sul breve-medio periodo. Il sindacato deve organizzarsi per far sentira la propria voce in vista del periodo di crisi che attende il mondo del lavoro e la società tutta, anche in vista della manifestazione nazionale a Roma, l’8 ottobre, a un anno dall’assalto fascista alla sede della Cgil capitolina. Le parti sociali devono rimarcare il proprio ruolo e la propria intenzione di confronto col governo indipendentemente dal colore di cui esso sarà, consce a monte di essere su posizioni diametralmente opposte rispetto alle destre, ai loro principi ed alle loro proposte. La manifestazione di Roma sarà in questo senso fondamentale.

D’altro canto, le criticità si moltiplicano: la campagna elettorale ignora lavoratrici e lavoratori; la situazione geopolitica mostra il rischio di estensione globale dei conflitti e l’affievolirsi delle voci pacifiste (anche a Como); ancora, la crisi energetica non accenna a calmierarsi, riducendo fortemente il potere d’acquisto del corpo lavoratore e spingendo sempre più persone verso la povertà, con le conseguenze di conflitto sociale annesse. Il compito della Cgil, anche in sinergia con gli altri sindacati, è portare le istanze di lavoratrici e lavoratori di fronte a chi gestisce il potere, mettendo le esigenze delle persone come controparte degli interessi e del profitto dei padroni, contro delocalizzazione, disoccupazione e per la pace sociale, l’equa distribuzione delle risorse.
Infine, la transizione ecologica e digitale, due trasformazioni dei luoghi di lavoro che vanno gestiti con sensibilità verso lavoratrici e lavoratori perché i vantaggi sociali siano davvero per tutta la società.
Colombo ha concluso l’introduzione dei lavori rivolgendo un pensiero a chi di lavoro è morto e a tutte quelle persone che pagano con la vita o con infortuni anche gravi la mancanza della cultura della prevenzione e l’incuria, da parte dei proprietari, verso la sicurezza sul lavoro. In periodo di pandemia, anche la salute è un tema da ripensare. Il sindacato deve avere la forza di farsi sentire per quanto riguarda il luogo di lavoro, certamente, ma il suo sguardo e le sue lotto devono estendersi a tutta la società, anche facendo rete con le altre realtà del terzo settore.

Andrea Di Stefano è stato invitato per ragionare su un tema di forte preoccupazione per tutta la cittadinanza: la questione energetica. Un problema che si radica nell’attualità per un fattora ancora precedente la situazione bellica: la liberalizzazione del mercato energetico. Questa struttura di mercato è in contraddizione rispetto ad elementi strutturali dell’economia energetica, cioè la rigidità e lo scarso numero delle strutture, la loro realizzazione con fondi pubblici per minimizzare i profitti e il legame con il settore pubblico per finanziare le manovre di sviluppo. Il settore energetico vive sostanzialmente di un controsenso: non era fatto per essere liberalizzato, ma lo si è fatto comunque ed ora se ne pagano le conseguenze; la finanziarizzazione del settore energetico è stato il colpo di grazia per lo scollamento tra funzionamento ideale e realtà. In alcuni paesi si è lavorato per contenere le conseguenze di questa situazione (ad esempio negli Stati Uniti con la legge Frank-Dodd, durante il mandato di Obama) mentre in altri, tra cui l’Italia, no.
In conseguenza di tutto ciò, al minimo scossone, come è stata la pandemia prima ancora della guerra, il sistema è crollato e i prezzi del gas sono saliti e a pagare è la cittadinanza. Secondo il relatore, non si trova giustificazione a questa condotta e a dover prendersi la responsabilità di aver ignorato le avvisaglie della crisi dovrebbe essere il governo Draghi, senza nascondersi dietro la giustificazione che era un governo cadente: le origini del problema sono ben precedenti.
Per i lavoratori e le lavoratrici, tutta la situazione rischia di tradursi in un calo drastico dei posti di lavoro nel settore manifatturiero; posti che, a differenza di quelli del terziario, non si possono ricreare.
Il governo dovrebbe agire, decretare come se si fosse in un’economia di guerra, scollegare il prezzo dell’elettricità e del gas e mettere un tetto al prezzo dell’energia.
Esiste, secondo il relatore, un insieme di soluzioni: togliere dal mercato finanziario i gestori energetici, investire nelle rinnovabili e nella transizione, chiudere i canali principali della rete locale, insufficiente per convolgiare l’energia che si produrrebbe, accelerare il progetto strategico, avviato dalla Germania, del cavo con la Tunisia per la strutturazione di un parco fotovoltaico in Nord Africa da collegare all’Europa e mettere in attività il cavo che collega Italia e Montenegro, tirato durante il governo Berlusconi ma bloccato da Renzi.

Affrontata la dimensione finanziaria, Di Stefano è passato all’analisi della politica industriale sull’approvvigionamento dell’energia che è al momento insufficiente. Ciò mette a rischio il settore manifatturiero, il vero fulcro problematico dell’attivo. D’altro canto, l’Italia è un cardine della messa in movimento delle merci, ma ciò non può comportare la trasformazione dei porti, elettrificati con i fondi del Pnrr, in hub internazionali sottoposti a quei paesi che ora stanno investendo per assicurarsi i profitti su questo mercato e portando ulteriore disoccupazione, inquinamento e congestione viaria all’Italia. Il legame tra industrie ed infrastrutture va ragionato e problematizzato ed il sindacato deve rendersi credibile come voce problematizzante rispetto a ciò che si sta facendo al mondo lavorativo italiano.
Di Stefano ha trattato concluso trattando la questione salariale, affermando che il centro della discussione non dovrebbe essere il reddito di cittadinanza, ma il salario minimo. La distorsione dell’effetto del reddito di cittadinanza (che andrebbe ribattezzato salario d’indigenza, dato il suo funzionamento) non può sorprendere, alla luce della mancanza di una riflessione concreta riguardo le condizioni di lavoro.

Concluso l’intervento del relatore, è stato lasciato il microfono al pubblico, che ha portato dubbi e prolematicità della diade mondo del lavoro-questione energetica. I e le delegate hanno chiesto alla Cgil di attivarsi per prorogare e rafforzare il mercato tutelato, informare nelle fabbriche sulle comunità energetiche e accelerare la transizione ecologica salvaguardando i posti di lavoro. Anche in crisi energetica, l’inaffidabilità della politica non deve giustificare alcun passo indietro da parte del sindacato, che deve lottare per la tutela di una categoria, quella operaia, che ha mandato avanti l’Italia durante la pandemia e che ora viene martoriata per gli interessi del padronato.
Anche l’assistenza alle persone fragili è stata tematizzata, questione centrale soprattutto dopo ciò che la pandemia ha mostrato riguardo le inefficienze del sistema sanitario, che resta però costoso e troppo spesso insostenibile per le famiglie.

Sandro Estelli, segretario della Filtem Cgil, ha sottolineato l’importanza di governare il costo dell’energia per tutelare chi lavora, sottolineando però anche che il calcolo dei prezzi dell’energia (nel momento del picco di consumo) è iniquo e pericoloso per la sussistenza del tessuto operaio. Inoltre, è stata ribadita la necessità di sollecitare i proprietari ad una progettazione energetica che sia non emergenziale, ma rivolta ad un futuro vivibile.

Altri temi sollevati sono stati precariato, reddito di cittadinanza da riorganizzare e, immancabilmente, la preoccupazione per le sorti degli operai alla vigilia delle elezioni politiche.

Di Stefano ha ripreso le riflessioni proposte, sottolineando la necessità di una tassa sulle emissioni valida alle frontiere, che garantisca che l’investimento verde in Europa non comporti la delocalizzazione verso paesi meno normati sul piano delle emissioni.
Ha poi sottolineato che il precariato non è una forma di risposta, quanto piuttosto una strategia pianificata rispetto alle trasformazioni globali del mercato del lavoro, e che come tale vada affrontata. Per contrastare questa realtà non bisogna pensare a realtà-tampone, ma piuttosto ripensare il sistema discutendo l’egemonia industriale in favore della sostenibilità sociale e ambientale.

Il testimone delle conclusioni è quindi passato a Pagano, che ha sottolineato la realtà della situazione prima dipinta da Colombo, poi più scientificamente dal principale relatore, e anche dai diversi interventi. La situazione attuale ha rimesso al centro l’importanza del settore pubblico nell’assunzione di responsabilità e contemporaneamente l’importanza delle sigle sindacali nel farsi massa per sovvertire un sistema che la realtà pandemica ha reso sostenibile. Fin dal covid è stato chiaro che l’azione collettiva contro il privileigio del singolo e l’intervento pubblico contro l’egoismo privato sono strumenti di cambiamento possibili.
Eppure, il presente bellico ha riportato l’orologio indietro al 2019, dando spazio e potere al liberismo e cancellando lo sforzo dei corpi intermedi per far fronte alla crisi dell’economia, bloccata durante la pandemia. Il mercato trova sempre il modo di offrire opportunità antisociali ma, nelle parole del segretario generale di Cgil Lombardia, i discorsi che si fanno ora riflettono la necessità che esiste fin dal dopoguerra di contrastare le diseguaglianze. Le diseguaglianze le crea il mercato, ed è dall’alba del capitalismo che è così.

Si cita molto la Costituzione, ed è proprio questo documento che, fin dal primo articolo, mette al centro la Repubblica, la cosa pubblica; dunque, non bisognerebbe guardare alle opportunità del mercato, ma al bene pubblico, ai vantaggi sociali che vadano a beneficio di tutti e tutte. Liberismo e Costituzione sono diametralmente in contrasto sulla lettura della realtà e da questa interpretazione derivano modi opposti di frequentare le arealtà. La difficoltà di far passare questi contenuti non deve essere un freno alla volontà di farsi sentire, perché il movimento sindacale ed il terzo settore tutto ha un compito fondamentale: unire le rivendicazioni di politiche industriale, di welfare e salariali. Questa missione è anche un profilo politico con cui le sigle sindacali devono interloquire con le istituzioni anche attraverso azioni concrete e di piazza, diventandone controparte per il bene collettivo, come è stato finora e come continuerà ad essere anche col prossimo governo.

Nel corso dell’incontro è arrivata la notizia della morte di due operai che, avendo passato la notte in un container-ufficio in cui hanno acceso un fuoco, sono morti asfissiati a Moltrasio. È stato osservato un minuto di silenzio e, attraverso Umberto Colombo, la Cgil ha espresso rabbia e cordoglio.
Alessandro Pagano ha concluso rivolgendo una riflessione a questo dramma, affermando che èassurdo sottoporre alle persone il rischio di morire sul lavoro. Bisogna ripensarele pratiche di cantiere e di fabbrica e rendersi conto che, allo stato attuale delle cose, l’inseguimento del profitto porta ad accettare di passare sopra alla vita delle persone, cronicizzando e normalizzando mille morti all’anno e deresponsabilizzando le imprese nell’organizzazione del lavoro. Servono vincoli contro le anomalie di processo che le aziende non sanno e non vogliono gestire, mettendo a repentaglio la vita di chi lavora, ma più in generale a logiche di mercato che stanno distruggendo la società ed il pianeta.
Per la cultura della sicurezza e contro le morti di lavoro, Ggil, Cisl e Uil, hanno organizzato un presidio di fronte alla prefettura di Como, dalle 10 alle 12 di giovedì 22 settembre. [Pietro Caresana, ecoinformazioni]


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